Pedofilia Culturale
«Se un potere dispotico s’insediasse nei paesi democratici, esso avrebbe certo caratteristiche diverse che nel passato: sarebbe più esteso ma più sopportabile, e degraderebbe gli uomini senza tormentarli».
Alexis de Toqueville
Che la si chiami Corporate Paedophilia, Sindrome di Lolita, Pedofila Culturale o meno, le immagini dei molti cartelloni pubblicitari che tappezzano le nostre città, sono più efficaci di cento parole: sono gli sguardi di ragazzini/e ammiccanti, i volti interrogativi di adolescenti percorsi da indecifrabili inquietudini; sono i mezzi sorrisi o quelle parti del corpo seminascoste da maliziosi vedononvedo. Sono le pose seducenti di bambine e bambini ammaestrati e gettati nell’arena. Immagini che come un magnete stabiliscono la posizione dell’orientamento della società attuale.
Una società decadente, spesso inconsapevole e frivola, dedita al piacere fine a se stesso, e nella quale si inserisce subdola la faccia sempre più deteriore di certa pubblicità interprete e complice di pulsioni perverse dove far vedere è potere e dove vedere è godere passivamente.
Il tutto a beneficio delle brame voyeuristiche e degli appetiti sessuali dei pedofili, che in più vengono “normalizzati”. I mezzi si sanno usare e si usano tutti, senza esclusione di colpi. Tanto che l’erotizzazione dei bambini in pubblicità è diventata una tendenza talmente generalizzata e pervasiva che ormai non ci facciamo più caso. Siamo stati assuefatti attraverso un graduale processo verso il basso che viene da lontano, ovvero, quando le rappresentazioni erotizzate riguardavano principalmente giovani adulti, poi adolescenti, infine i bambini anche se, inizialmente, in modo prevalentemente indiretto.
Alimentato da una società consumistica e edonista, in cui prevalgono i valori del successo e del vincente ad ogni costo, il mondo “dell’usa e getta”, non comprende solo le immagini pubblicitarie di case di moda di “grido”, ma anche le riviste destinate alle piccole lettrici infarcite di “consigli” che rimarcano l’importanza di presentarsi sessualmente attraenti per stuzzicare l’interesse dei cosiddetti “maschi” e non solo.
Importante capire che non sono solo “semplici” immagini, ma identificazioni e idealizzazioni del Sé destinate ad orientare e formare le nuove generazioni, spingendole sempre più verso una precocità e promiscuità sessuale che non tiene conto dell’effettiva maturazione e, quindi, della competenza intellettiva, emotiva ed affettiva propria del bambino. Mancanza di rispetto di tempi e modi da parte di adulti che sembrano trovarsi al centro di un processo sociale schizofrenico: da un lato viene riconosciuto il diritto di protezione del bambino come mai è successo in passato, dall’altro, lo stesso bambino, viene sottoposto a processi di adultizzazione e sfruttamento del corpo, che violano il suo diritto insopprimibile ad essere bambino e di crescere secondo tappe e tempi fisiologici conformi alla sua età. Si perché le cosiddette Tweens o Tweenager, sono bambine che hanno dai sei e i dodici anni, ma sembra che l’età continui a scendere sempre più. Tanto che è stato coniato l’acronimo KGOY (Kids Growing Older Younger) per meglio definire i bambini dei nostri giorni: un’infanzia tradita, negata, accelerata. Tratteggiando una società di adulti che come Medea si nutre dei propri figli. Ma si sa, il marketing prima di tutto. E i bambini sono oramai al centro di un business plurimiliardario. Gli affari sono affari. Niente di personale!
E tra gli affari ben si collocano i cosiddetti concorsi di bellezza per bambini. Sono quelli dei piccoli talent show, che ballano goffamente e che gareggiano esibendosi in gorgheggi precoci imitando ora quel cantante ore l’altro, seguiti da sognanti genitori che anelano il successo per i propri enfants prodige. O quelli delle baby principessine della bellezza “acerba”, con tanto di lunghi boccoli fluttuanti e trucco pesante che si atteggiano a veline in abiti da Lolita, muovendosi in passerella come donne navigate neanche fossero bombe sexy o, peggio, conigliette dell’universo soft-porn. Fino agli infanti, quasi in fasce, vestiti da adulti improbabili, che sfilano in braccio a mamme entusiaste di esibire i loro pargoletti.
E poco importa se l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel Rapporto 2002 (OMS) “Violenza e salute” definisce abuso o maltrattamento infantile anche il trattamento negligente o commerciale che si configura come danno potenziale o attuale della salute del bambino, della sua sopravvivenza, del suo sviluppo e della sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, fiducia o potere. Fiducia sulla quale torneremo poi, per ribadire l’importanza delle figure genitoriali in relazione alle aspettative dei figli.
Assistiamo impassibili ad un’alterazione e/o il superamento del limite proprio dell’uso del corpo dell’altro: l’(ab)uso del corpo dei bambini. (Ab)uso che trasforma il bambino da soggetto a oggetto e come tale può diventare merce di scambio. Commercio entro il quale la componente sessuale è strumentale e funzionale per il raggiungimento del successo, a completo discapito della componente relazionale e affettiva. La sessualità, quindi, non appartiene più alla sfera privata e, divenendo pubblica, esce dall’ambito intimo, strettamente personale. Smarrendo il rispetto del Sé è della propria dignità si perde la capacità di fermarsi di fronte ai confini dell’altro.
Un tipo di (ab)uso, questo oltremodo pernicioso, poiché subdolo, strisciante, impalpabile capace di creare un’abitudine, attraverso la normalizzazione, e di cambiare la percezione tra il bene e il male offuscandone e distorcendone i confini. Stabilendo “nuovi abiti mentali” di comportamento in grado di ri-orientare la società e con essa i nostri bambini. Si, perché per orientamento[1] si intende non solo il «modo, atto ed effetto dell’orientare. Procedimento che permette di trovare la posizione. Il modo di orientarsi, di essere orientato, la posizione relativa ai punti cardinali o ad altri punti di riferimento». Ma anche «modo di essere posto in un sistema di riferimento; di indirizzo, di guida». Quindi orientamento inteso come posizione all’interno di un sistema di riferimento. Che informa il proprio verso, la propria direzione, la propria situazione all’interno di un sistema di riferimento comprensibile solo avendo presente ciò che abbiamo intorno, riferito a valori, bisogni e desideri. In poche parole su chi siamo e su dove vogliamo andare. Ed è in questo contesto sociale che si inserisce il tema della Pedofilia Culturale.
Perché stretta, anzi, strettissima è la relazione tra pedofilia agita e Pedofilia Culturale, che oggi neanche a dirlo trova sempre più sostenitori. Siffatti apologeti rivendicano il loro diritto ad “amare” i bambini. Teorizzano. Filosofeggiano su portali dove tutto è un inno all’orgoglio pedofilo. Si ammantano di una patina culturale, tirano in ballo il Simposio di Platone. E come se niente fosse proclamano il 23 giugno come ricorrenza dedicata alla “Giornata mondiale dell’orgoglio pedofilo”. Nei forum offrono sostegno a quanti scoprono di potersi innamorare di bambini, ricordando loro che “non sono i soli” e che quindi possono esprimere questi sentimenti in un’atmosfera confidenziale, familiare. Discussioni che vorrebbero apparire igieniche. Poi abbandonando i sofismi si fiondano nella vetrina-labirinto dove sono esposte le loro vittime: e lì comprano “piccole creature” con cui divertirsi. Il tutto come se la pedofilia non fosse un atto aberrante ma una libera e lecita “opzione” in campo sessuale.
E che tutto questo risulta essere una abietta realtà lo testimonia un’indagine, pubblicata online il 16 marzo del 2011, sul sito della Polizia di Stato[2]: «Erano gli intellettuali della pedofilia e avevano come scopo principale quello di sostenere e divulgare, in tutto il mondo, l’ideologia in favore dei rapporti sessuali con i minori […]. I pedofili diffondevano le loro idee e coinvolgevano adepti attraverso la rete internet […] all’interno di un sito olandese di pedofili, c’era un forum dedicato al proselitismo. In una delle piazze virtuali del sito, denominata la “stanza italiana”, gli iscritti si dichiaravano “sostenitori del pensiero pedofilo” […]. Ogni anno, a giugno, festeggiavano la “giornata dell’orgoglio pedofilo” accendendo una candela blu per tutta la durata della celebrazione […]. I dati informatici acquisiti e analizzati dall’Europol hanno permesso ai singoli paesi di individuare gli utenti iscritti al sito che contava oltre 70mila membri».
A sottolineare quanto la Pedofilia Culturale, con la conseguente erotizzazione del corpo dei bambini, stia diventando “costume” è il Report of the Apa task force on the sexualization of the girls (APA, 2007). Da esso, difatti, emerge che l’adultizzazione e la sessualizzazione del corpo dei bambini non contribuiscono più soltanto i media, ma anche molti genitori e insegnanti. Sempre più frequenti sono gli annunci su quotidiani o periodici che recitano: «Cercasi adolescenti sguardo tenero, sorriso allusivo, corpo sensuale, per campagna pubblicitaria […]». Il seguito è fatto da centinaia di ragazzini e ragazzine, a volte accompagnati da mamma e papà, che con il loro composit sotto il braccio, si mettono ordinatamente in fila per l’obbligata audizione. Comportamento, questo, che già nel 2006, Emma Rush e Andrea La Nauze, due ricercatori dell’Australian Institute, avevano racchiuso nel termine Corporate Paedophilia.
Centinaia sono le aziende che studiano come comunicare ai più giovani per indurli verso il cambiamento voluto. Mutazione di usi e costumi che hanno modificato il ruolo del bambino all’interno del nucleo familiare nonché il suo potere d’acquisto attraverso un innalzamento della reazione psico-emotiva dell’adulto nei confronti del proprio figlio. Infatti i genitori sembrano avere sempre maggiori difficoltà a gestire le richieste, spesso prepotenti, dei loro figli.
Di conseguenza assistiamo sempre più ad una estremizzazione dei comportamenti da parte di preadolescenti e/o adolescenti, tanto da dare la sensazione che i processi di differenziazione dall’adulto e la ricerca di una propria identità si debbano esprimere, per forza, attraverso la manifestazione di comportamenti ostili o violenti. Per di più, a livello sociale, si assiste a un deterioramento dell’autorevolezza degli adulti e di conseguenza anche del loro controllo sui figli: elementi che sorreggono un innalzamento della soglia di tolleranza verso le prepotenze, o comportamenti impropri, complici in larga misura, ancora una volta, certi programmi e/o forme di pubblicità sia televisive che di altri media come Internet o social network.
La questione si fa ancora più delicata se si pensa che attraverso alcune marche commerciali si osserva un appiattimento sia dei ruoli adulto/bambino che sessuale. La mancanza dei ruoli o l’inversione dei medesimi, eleva il bambino a far parte del livello gerarchico degli adulti. Il sistema famigliare si stabilizza attraverso questa palese confusione di ruoli, di spazi e di confini. Il risultato voluto è una popolazione di bambini adultizzati e di adulti infantilizzati, il tutto all’interno di una indifferenziazione anagrafica e sessuale. Uno scambio di ruoli e mansioni foriero di imprevedibili ipoteche sul futuro.
Viene quindi meno il ruolo educativo dell’adulto. È la dimensione emotiva, la tenerezza, la gioia, la calma, il sentirsi appoggiati, il piacere di essere guidati nella scoperta delle cose, il gusto della conquista e della conoscenza costruita passo passo; sono questi i valori che sembrano essere sempre meno presenti nella vita di bambini e ragazzi. La relazione con sé e con gli altri è sbilanciata dalla fretta, dall’impazienza, dall’attenzione fuggevole, riducendo drasticamente la capacità di comprendere i propri e gli altrui sentimenti. La continua corsa alla ricerca di nuovi stimoli, di nuova adrenalina porta alla diminuzione della capacità di ascoltarsi e di sentire, alla perdita di contatto con le sensazioni e gli affetti ad esse correlate, ad una “povertà” emotiva che sfocia nell’azione immediata o nell’ostilità ripetitiva che copre le emozioni più profonde quali paura, vergogna, prossimità.
La famiglia che nella sua rappresentazione ideale è il luogo del rifugio, dove sentirti sicuri, amati, protetti, ascoltati, nella realtà riesce sempre meno ad andare incontro ai bisogni dei suoi componenti, innescando comportamenti spesso disfunzionali e venendo meno alle aspettative fiduciarie. Sempre più genitori sembrano dimenticare l’importanza del proprio ruolo educativo, di come essi siano e restino, al di la delle mode effimere, modelli importanti per i propri figli.
Bibliografia
Anna Oliverio Ferraris, La sindrome di Lolita, Rizzoli, Milano, 2008
Cifaldi G., Pedofilia tra devianza e criminalità, Giuffrè Editore, Milano, 2004.
Creco O., Maniglio R., Genitorialità – Profili psicologici, aspetti patologici e criteri di valutazione, Franco Angeli, Milano, 2009.
Dettore D., Fuligni C., L’abuso sessuale sui minori, Mc Graw-Hill, 1999.
Erikson E., Infanzia e società, Armando, Roma 1966.
Kinner Karen. L., Childhood sexual abuse: a reference handbook, ABC-CLIO, Santa Barbara, California, 2007.
Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
Nardi B., Sviluppo e adattamento del sé nella normalità e nella patologia, Franco Angeli, 2007.
Psicologia Contemporanea, gennaio febbraio, n. 205, 2008.
[1] Dizionario Zanichelli. [2] Operazione “Rescue”, http://www.poliziadistato.it/articolo/view/21669/