Media, comunicazione e intelligence
L’importanza esponenziale che hanno avuto i social network, nel corso degli ultimi 20 anni è indubbia, la timeline di riferimento? È facilmente aiutata dalla ricorrenza del ventennale di Facebook (febbraio 2004 – 2024). La storia moderna è infatti scandita da tornanti decisivi, l’avvento di Facebook rappresenta sicuramente uno di essi. Si consideri, infatti, che le “rivoluzioni comunicative” (ndr.), nel corso del tempo, sono state varie, al pari dei differenti approcci utilizzati dalla politica, e i social vi hanno sicuramente concorso. Si ricorda – ma a titolo esemplificativo – come si sia passati dalla comunicazione “da uno a molti”, tipica di un regime dittatoriale, alla comunicazione “da molti verso molti”, caratterizzante social network e blogging.
Il variegato ruolo dei social network nella società contemporanea
L’approccio comunicativo offerto dai social dev’essere contestualizzato nella complessità dei cambiamenti intervenuti, sia a livello tecnico, come si vedrà, che nella società, sempre più caratterizzata dalla massificazione e dall’infodemia dilagante. Elemento d’interesse: la velocità di propagazione della comunicazione, ancora di più durante la pandemia. In quel frangente il “mondo reale” si è riversato nell’universo digitale. È infatti indubbio che la pandemia abbia avuto degli effetti positivi sullo slancio tecnologico nel periodo 2020-2022. I riferimenti spaziano da un nuovo modo di concepire il mondo del lavoro (spaziando dallo smart working – neologismo nazionale – al co-working, alla modalità ibrida affiancata da continue call e webinar) al potenziamento dei servizi in cloud (oltre 300 PA hanno aderito ai bandi promossi dal Dip. Trasformazione Digitale), il tutto seguito da modifiche normative, che sarebbero state poi strutturate nel tempo, e i social network si ritrovarono a essere realmente i sostituti delle piazze, ma intanto anche il web è cambiato.
Se, infatti, è ben noto il naturale passaggio da Arpanet al world wide web, sono meno riscontrabili gli intra-passaggi avutasi in quell’ecosistema, transitando dalla versione 1.0 alla 3.0, intendendo ora quella reale interazione tra utente e le maschere che proposte online, con una concreta ibridazione di ambienti e saperi. Si pensi al mondo degli NFT ovvero agli smart contract, tutti elementi basabili su blockchain, con ricorso alla programmazione (non più solo .html). Ora si affaccia prepotentemente un nuovo ambito, quello con una Intelligenza Artificiale sempre più pervasiva, seppur sia un mondo noto almeno dal secondo dopoguerra, ma questo è oramai sdoganato dal lancio di ChatGPT, da parte di Open AI, subito seguito da altri prodotti analoghi (tipo Gemini di Google o Copilot di Microsoft).
Tornando alla comunicazione sui social network, è interessante considerare come questo fenomeno abbia attraversato: l’incedere della pandemia da Covid-19, a stretto giro, l’avvio (e sua prosecuzione, nel biennio ’22-‘24) del conflitto Russo-Ucraino, subito seguito dalla recrudescenza della crisi arabo-israeliana, dopo gli eventi del 07.10.2023[1], che hanno favorito l’invasione della Striscia di Gaza. Ancora prima, volendo ripercorrere taluni frangenti conflittuali di quest’ultimo ventennio, i social sono stati gli indiscussi protagonisti delle “primavere arabe”. Queste avevano attraversato la Tunisia, la Libia, la Siria, il Marocco, l’Egitto; ma non solo, anche la “rivoluzione arancione”, per alcuni versi antesignana dell’attuale conflittualità ucraina. Tutti quelli appena descritti, sono stati eventi seguiti dalla comunità internazionale grazie ai “cinguettii” dell’allora Twitter (ora “X”). Anche il golpe militare tentato in Turchia, nel 2016, ha avuto un risvolto sulla comunicazione dei social. L’allora primo ministro, Binali Yildirim, ebbe ad annunciare il colpo di stato in corso alla TV pubblica, fermo restando che continuò poi a descrivere quanto accadeva, in quella notte del 15 luglio, dal suo profilo Twitter (account: https://twitter.com/BY). Paradossalmente, quanto appena descritto sublima il fallimento di quel colpo di mano, considerando che i mezzi di comunicazione non erano stati interessati dall’azione dei golpisti, permettendo ai sostenitori del Presidente Erdogan di mobilitarsi[2].
Ovviamente il primo social network che ha gettato le basi per incentivare una comunicazione di massa, è stato sicuramente Facebook (ora “Meta”), andando a sovrapporsi a realtà preesistenti, come i forum on-line oppure Myspace. Certamente negli anni sono mutate le fasce di età degli utenti, cambiando anche i loro interessi, parimenti a quelli della società, difatti “Meta” ora è proprietaria di sistemi di messagistica, come Whatsapp, e di social come Instagram. La piattaforma di Zuckerberg è rimasta coinvolta, gioco forza, a causa della sua iniziale primazia nel settore, in tutte le criticità che possono avere nel web un ideale volano.
In sostanza, si passa da reati di opinione a mancati interventi sulla disinformazione, dalla sextortion alla diffusione di immagini violente, culminando con la violazione della proprietà intellettuale, ora argomento ritornato in auge in ottica IA generativa[3]. Si continua poi con l’impatto sui diritti di nuovo conio, si pensi alla violazione della privacy degli utenti, e quindi ai frequenti contrasti in ottica GDPR, fermo restando la crescente attenzione del social verso taluni temi dalla notevole pregnanza etica ma anche sostanziale, interessandosi al linguaggio utilizzato dalla propria community, alla tutela della donna e dei minori.
Circa quest’ultimo aspetto, interessante il documento pubblicato il 4 aprile ’24 da un Osservatorio EU, relativamente alle varie misure adottate per verificare l’età degli utenti, nella fattispecie: The protection of minors on VSPs: age verification and parental control, disponibile al link: https://www/en/web/observatoire/-/the-protection-of-minors-on-video-sharing-platforms-vsps-age-verification-and-parental-control
Continuando, giova ricordare che su ogni piattaforma è possibile rinvenire messaggi di varia natura, tra questi quelli di carattere politico possono assumere anche una connotazione differente perché realmente “prossimi” all’utenza.
Posto che, sgombrando subito il campo da eventuali dubbi, l’approccio alla politica è cambiata, anche grazie ai social. Si pensi alla nascita e allo sviluppo istituzionale che ha avuto il Movimento 5 Stelle, in un certo senso la sua idea di politica poteva rappresentare, con tutte le variabili del caso (in primis la sua collocazione – ovviamente rispetto ai blocchi esistenti – e periodo storico) un nuovo “Fronte dell’uomo qualunque”, traendo però le proprie basi da un sistema di meet uporganizzati sulla rete. I candidati venivano scelti tra gli iscritti al Movimento attraverso i social, quindi votati su piattaforma dedicata. Anche l’operato online di esponenti politici di primo piano non può più prescindere da una comunicazione attraverso i social network. Gli esempi nazionali possono rifarsi ai profili personali del Presidente del Consiglio pro-tempore, On. Giorgia Meloni, al Sen. Matteo Renzi, oppure al Vice Premier, On. Matteo Salvini, da sempre particolarmente attivi su tutte le piattaforme, tendendo a un rapporto diretto con il proprio elettorato.
Oltreoceano, per esempio, un sicuro riferimento, sempre prescindendo dalla collocazione politica e dalle espressioni utilizzate, è Donald Trump. Inevitabile però richiamare anche il ban che subì l’account personale del Tycoon su Twitter (anche Facebook e youtube), perché confliggente con le politiche di controllo della disinformazione, specie dopo gli eventi di Capitol Hill.
Brevissimo inciso per poter ripercorrere quegli accadimenti, dando un minimo di fluidità al lettore.
Capitol Hill è la sede del Parlamento Federale USA. La caratteristica cupola palladiana della struttura, divide i due rami del Congresso: nell’ala nord, trova collocazione il Senato, nell’ala sud la Camera dei Rappresentanti.
Il pomeriggio del 6 gennaio 2021, nei pressi del complesso del Campidoglio, un gruppo di manifestanti “pro Trump”, si era radunato per protestare avverso la presunta irregolarità del voto che lì, in quelle ore, stava certificando la vittoria dell’antagonista, il Sen. Joe Biden. Trump ha continuato a sostenere la tesi dei brogli, utilizzando come ideale megafono, l’account Twitter.
Riprendendo, di fatto i social sono diventati una vetrina della società contemporanea, l’utilizzo degli stessi fa ovviamente la differenza, spaziando dalla brand communication, all’informazione, dai tutorial allo streaming di video, con qualità che non hanno nulla da invidiare ai programmi televisivi, sempre meno catalizzanti (la maggior parte dei programmi televisivi prevedono l’interazione con il pubblico tramite profili social abbinati al programma stesso).
Data la natura transnazionale e trasversale del nuovo paradigma comunicativo, non è assolutamente facile né il controllo esperibile sulle notizie veicolate, significando sempre più un’azione repressiva specialistica da parte delle Forze dell’Ordine, ma anche collegiale (intendendone l’approccio cooperativo internazionale, sia in ambito Europol che Interpol) e compartecipato dalle stesse piattaforme. Sul piano regolatorio si può osservare come le “spinte” principali coinvolgono Autorità nazionali indipendenti, dal Garante Privacy a quello delle Comunicazioni (prime linee guida per i content creator – delibera n. 7/24/CONS – “affaire Ferragni”, a livello sovranazionale è possibile rinvenire taluni tasselli nel complesso puzzle a tutela della postura cyber Europea, si pensi al Service Act.
La comunicazione è quindi parte della politica e, parimenti, è un’arma di potenziale “distrazione di massa”, non è un caso come la disinformazione sia stata una delle buzzwords degli anni della pandemia ma anche fonte di conflittualità ibrida: si pensi alle ingerenze russe sull’uditorio italiano.
Un primo passo in avanti (forse, ndr.) sul tema potrebbe venire da Instagram. Nella prima settimana di febbraio 2024, infatti, Adam Mosseri ha annunciato che Meta limiterà i contenuti politici sulla piattaforma.
Mosseri, già dirigente Facebook ora alla guida di Instagram, società afferente il gruppo Meta. Annuncio appreso dal profilo Threads dello stesso: https://threads.net/@mosseri/post/C3ljTzGvk6_ (visionato il 10.02.2024).
Ovviamente, se l’utente ha scelto di seguire un certo account continuerà ad apprezzarne i contenuti nel “feed”, oppure in “explore”, nello scroll, tra i reels, Rimangono sul tavolo dubbi sul “cosa” possa avere un contenuto politico al punto da essere colpito dall’ostracismo dell’algoritmo. Quanto possa, per esempio, un video proveniente da Gaza, essere considerato “politico” e non, invece, un contenuto di denuncia?
Di particolare interesse sono quindi le applicazioni Osint ai social media.
Quanto qui accennato non è di poco conto, specie riferendosi a tematiche quali l’ordine e la sicurezza pubblica, dove è necessaria una costante attività di prevenzione, specie sui nuovi canali comunicativi, incontrando fenomeni dai contorni molto sfumati. Si pensi, tra gli altri, all’incapacità – sempre più presente – per gli utenti di riconoscere una fake news e, di contro, per l’operatore di polizia è sempre più frequente il condurre un’indagine interamente online ovvero, ricercare riscontri a cavallo dei “mondi virtuale e reale”. Nel mentre, il futuro sulla veridicità dei contenuti multimediali è sempre più sfumato. Le tecnologie come IA e deep fake hanno sicuramente contribuito a complicare il contesto, arrivando a minare la fiducia collettiva e anche sollevando preoccupazioni avvertite dal mondo della stampa, ma non solo anche della politica. Intanto è del 01.05.2024 la notizia che l’Ucraina si sia dotata di un avatar digitale, generata da IA, “Victoria Shi”, per commentare informazioni consolari dirette ai media.
I social dual use
Gli scenari di minaccia sono mutati in funzione della maggiore complessità cui viene a ritrovarsi la società contemporanea. Ogni strumento digitale può quindi assumere sfumature del tipo dual use: i social network, anche per i motivi fin qui tratteggiati, non sono da meno.
I social sono naturali strumenti di aggregazione e di condivisione, talvolta anche settoriali, si pensi a Linkedin, tipicamente utilizzato per la ricerca di posizione lavorative. La piattaforma consenta di creare gruppi, esattamente come Meta, dove gli argomenti affrontati possono essere i più disparati, quindi non necessariamente correlate all’indice. Anche in questo caso, al pari di Meta, l’utente ha la possibilità di condividere, senza particolari limitazioni se non quelli della netiquette, al buon senso comune, qualunque tema o argomento, suscitando l’interazione della community. Instagram nel tempo, ha modificato alcune delle proprie impostazioni. Tali integrazioni hanno permesso di “svecchiare” il proprio impianto avvicinandolo alle funzionalità offerte da Meta e Youtube, per esempio con l’inserimento delle “stories” (brevissime clip o immagini), che su altre piattaforme possono essere definite come “reels” oppure “stati”. La rincorsa a nuove funzioni ha di fatto “appiattito” la reale differenza esistente tra le singole piattaforme.
Facebook era la soluzione digitale ideale per ritrovarsi tra amici distanti, Twitter permetteva la condivisione di pensieri estemporanei, Instagram poteva rappresentare, a differenza di Flickr, un portfolio quasi professionalizzante, l’ideale trasposizione di un diario fotografico.
Ulteriore annotazione: con l’espansione dei servizi di messagistica, la graduale miniaturizzazione dei device e il lancio di offerte flat, tutto oramai è fruibile tramite app, quindi anche le differenze tra social e servizi di messagistica si sono realmente azzerate.
Telegram è uno dei servizi di messagistica istantanea appena richiamati. Il servizio offerto (al pari di WhatsApp) è fruibile sia attraverso app che servizio web (multipiattaforma). I servizi: scambiare messaggi di testo tra utenti e gruppi, realizzare chiamate vocali (cifrate), scambiare messaggi vocali e videomessaggi, condividere video e varie tipologie di file, utilizzare reaction e inviare sticker. Se WhatsApp è legato al numero di telefono dell’utente e quindi alla sua rubrica, Telegram ha una connotazione ibrida ma più prossima al mondo social, anche perché l’ideatore è il creatore di VKontacte, un social network analogo a Facebook.
Telegram permette all’utente di eseguire ricerche per trovare canali, gruppi e utenti, il tutto senza avere contezza del numero di telefono, andando alla ricerca del nickname con cui quell’utente si presente sulla rete. Se i gruppi sono monotematici, e quindi è possibile, per l’utente, essere invitato a farne parte oppure di richiedere l’iscrizione, il canale è un mezzo di comunicazione monodirezionale, dal proprietario verso tutti. Quest’ultima realtà è diventata propria anche di WhatsApp solo recentemente, sul finire del 2023: si accede dall’etichetta “aggiornamenti” da dove è anche possibile apprendere i “nuovi stati” dei contatti della propria rubrica.
Al pari di altre realtà social, Telegram ha visto, nel corso degli anni, un sostanziale incremento dei propri servizi verso attività illecite, spaziando dalla violazione del diritto di autore, alla vendita di documenti contraffatti, continuando con gli stupefacenti e arrivando alla disseminazione di notizie artefatte.
Circa quest’ultimo punto, è interessante rilevare come particolare eco mediatico abbia avuto la pandemia, come già accennato in precedenza, dove gli elementi che venivano a combinarsi erano molteplici.
Da un lato bisogna considera la crisi che ha investito l’editoria. Il giornale tradizionale affronta costi di produzione intrinseci, a fronte anche della chiusura delle sue naturali rimesse: le edicole. Certamente la maggior parte dei quotidiani ha provveduto ad affiancare una versione digitale a quella cartacea, definendo la profilazione dell’utente in funzione dei contenuti a pagamento e delle notizie di libero consumo. L’editoria oggi paga lo scotto di pregiudizi a doppia lama come quella afferente alla libertà dell’informazione che però, con altra accezione, vorrebbe la fruizione di format gratuiti, senza considerare la filiera necessaria per far divenire la notizia un’informazione fungibile.
Accanto a questo aspetto vi è l’asserita politicizzazione dei canali mainstream, di conseguenza l’editore essendo legato a una cordata politica o industriale, viene considerato come il megafono di “poteri forti”, sicché appare necessaria la ricerca di nuove fonti informative, alternative ai comuni canali.
Conseguenza di quanto descritto è l’approdo sui social della polarizzazione, tipica dei discorsi pubblici, di tutta una serie di informazioni, qui non verificate, che possono essere attinte da gruppi, canali e quindi disseminate verso un uditorio realmente interessato.
Stante quanto qui descritto, l’infodemia in epoca pandemica ha comportato la creazione di canali, principalmente su Telegram, dove era possibile acquistare certificati falsi riproducenti il green pass, vi era la possibilità di entrare in contatto con chi aveva già avuto il Covid, per poter così facilitare la propria infezione e quindi “aggirare” l’obbligo vaccinale. Non mancavano community dove il dissenso, verso le restrizioni alla mobilità imposta dall’esecutivo pro-tempore, comportasse tafferugli organizzati, nel contesto di manifestazioni, e vandalizzazioni di varia natura.
L’attenzione ricade su Telegram in funzione del suo essere estremamente user friendly, in aggiunta alla crittografia end-to-end e alla possibilità di inviare file di qualsiasi tipo, in modo apparentemente anonimo, eppure, in realtà ogni utente/elemento presente sulla rete è sempre tracciato da un Item ID o User ID: ecco perché risulta fondamentale l’attività di Osint.
Il ribellismo corre sui network
È importante ricordare che la tecnologia è inevitabile, certamente ogni elemento interessato dall’evoluzione è in realtà il risultato di una scelta umana. Tutto ciò è la conseguenza di una progettualità studiata, attuata e migliorata nel tempo, osservando il bene comune. Un esempio potrebbe essere l’applicazione di algoritmi di IA per la sicurezza urbana nella città di Trento. Occasione, quest’ultima, dove il Garante per la Privacy, intervenendo, commina una sanzione di 50.000 euro al Comune, per aver messo a terra delle progettualità non conformi alle norme in essere, omettendo la necessaria pubblicità all’utenza e senza predisporre idonee misure tecniche (docweb 9977299).
Quanto precede, considerando che – succintamente – i progetti in parola interessavano l’acquisizione di flussi audio, in aggiunta a quelli della videosorveglianza urbana, cui poi si ricollegavano, tramite algoritmi speach to text, a ricerche on-line, a carico di piattaforme come Twitter e Youtube, di frasi tipiche dello hate speach, con successiva condivisione di dati personali (nickname, indirizzi, estrapolazioni di chat) alle forze di polizia belga e bulgara (si trattava di progetti finanziati con fondi europei: Marvel, Protector, Precrisis).
Interessante il “caso Trento” perché il “problema” non è solamente la tutela della privacy (ma anche sicurezza delle informazioni; contabilità pubblica; approccio regolatorio) e ha avuto riverberi anche sul “complottismo” a tema smart city: la nuovo panopticon, entità astrattamente correlata a una nuova forma di controllo sociale della cittadinanza: utilizzo di sensori, controll room dalla connettività avanzata, interoperabilità tra servizi appartenenti a Enti pubblici differenti e player per l’ottimizzazione della gestione urbana.
Quanto precede, è il necessario disclaimer per meglio rendere come il medesimo circuito abbia dapprima interessato il mondo sanitario per poi traslare su quello geopolitico e quindi approdare su aspetti tecnologici del vivere quotidiano.
A Lecce, nel giugno ’23, una vandalizzazione ha interessato le mura del palazzo della provincia: “la smart city è una trappola criminale”. Trento, invece, è la città dove si svolge una prima manifestazione “no smart city”, nel settembre 2023. La pagina X di “Verona per la libertà” (account @LibertaVerona), riporta: “#Trento: Controllo sociale, smart city, id Wallet. La nostra passione per la libertà è più forte di ogni autorità UniAMOci Trentino APS.
Il contesto è molto ampio e fa riferimento al ribellismo trasversale alle idee politiche che taluno potrebbe propugnare. La sigla che viene richiamata sulle mura salentine è riconducibile al gruppo no-vax “guerrieri vivi”.
L’attribuzione è data soprattutto per il simbolo adottato: una “W” inscritta in un cerchio. Lo stesso viene rinvenuto in occasione delle vandalizzazioni anche in altre località italiane, in tempi e su temi differenti.
Esempi possono essere:
- gli imbrattamenti della sede CISL di viale Ciamarra, zona est di Roma, del settembre 2022, m anche a Torre Angela e Tor Bella Monaca;
- le scritte ingiuriose a carico del Presidente dell’Emilia Romagna, sui muri del palazzo della Regione, nel gennaio 2022.
L’attività investigativa, portata avanti dalla Polizia di Stato, ha permesso, già nel gennaio del 2023, di poter accertare che il gruppo “guerrieri vivi” è protagonista del linkage tra episodi di vandalismo e attacchi ai profili social di personalità della politica e della sanità: chiaramente questo accadeva in epoca di restrizione pandemica.
I temi pandemici si affiancavano al contrasto ai sistemi di pagamento elettronici, all’identità digitale, e alla tecnologia 5G e 6G. Le azioni venivano coordinate attraverso piattaforme di messagistica istantanea, come Telegram, appunto.
Si è passati, quindi, dal “no green pass” al “no” alla pervasione tecnologica.
Le manifestazioni di dissenso sono proseguite aTrento, anche durante le festività natalizie 2023, con imbrattamenti ai danni di alcune telecamere.
Anche in quell’occasione, la rivendicazione, tramite volantino, è stata di un gruppo riconducibile alla galassia “no vax“, il “V_V“: “Sulle telecamere vi mentono dicendovi che sonoperlasicurezza”
Il problema è quindi l’informatizzazione spinta e la condivisione dei dati vero la P.A.
Conclusioni
Giungendo alla conclusione di questo excursus è opportuno tirare le file degli argomenti che sono stati qui tratteggiati.
I social network sono lo specchio riflesso della società contemporanea, gli individui ne diventano utenti e si riversano dentro di loro, qui è possibile riscontrare, in queste arene digitali, scetticismo generalizzato verso ciò che rappresenta una novità, tantopiù se promossa dalla politica o da sue naturali propaggini. A questo si abbina un dato d’interesse non di poco conto: sempre più si utilizzano nuove tecnologie ma le stesse – in realtà – non sono realmente conosciute dai medesimi utenti.
Anche la sicurezza risente dell’infocrazia. Gli attuali conflitti evidenziano la profonda correlazione con la tecnologia: isocial network sono divenuti lo strumento principale per veicolare le notizie, innescare discussioni, commentare senza approfondire, senza verificare eventuali fake news. Come utile risultato vi è una propagazione asimmetrica del conflitto con la generazione di importanti rumori di fondo, che aiutano a dimenticare le ragioni alla base di un conflitto, sia esso Russo-Ucraino oppure Israele-Palestinese.
Lo sforzo disinformativo è avvantaggiato dal libero accesso ai social network, considerando anche i falsi profili (la “macchina dei troll”, cara alla dottrina Gerasimov), utili sia in campo commerciale ma anche belligerante. Twitter è stata individuata dal Gardian, come la piattaforma su cui circolasse il maggior numero di dati erronei sul conflitto a Gaza, addirittura rilanciando frame di videogiochi. Taluni account erano stati artatamente creati, come il falso @Jerusalem_Post(l’account sospeso era @Jerusalam_Post).
Ancora, molti sono stati anche gli studi che hanno posto in evidenza il legame social-terrorismo (Betram, 2016, Franck et al., 2015, Rudner, 2016) prova ne è la cospicua giurisprudenza sul tema di finanziamento al terrorismo e propaganda, o anche l’autoaddestramento. Interessanti a tal proposito taluni studi applicativi di sentiment analysis finalizzati all’individuazione di contenuti d’interesse investigativo postati sui social, fermo restando che l’idea di base ha chiaramente interessato il web marketing. D’altronde questo era anche uno dei programmi in essere a Trento, prima succintamente richiamati, e bocciati dal Garante Privacy.
Bibliografia
Corasaniti Giuseppe, Data science e diritto, Giappichelli, 2023
Byung-Chul Han, Infocrazia, le nostre vite manipolate dalla rete, Enaudi, 2023
Brasi Cristina, Manuale terorico-applicativo di criminologia e scienze criminalistiche, Licosia, 2021
Iezzi Pierluig, Cyber e Potere, Mondadori, 2023
Valerio Chiara, La tencologia è religione, Einaudi, 2023
Giurisprudenza
Cass. Pen. sez. V, sent. n. 7410 del 20.12.2010, dep. 25.02.2011.
Cass. Pen. sex. V, sent. n.33442 del 08.07.2008, dep. 14.08.2008.
Cass. Pen. sent. n. 5354 del 07.02.2024.
[1] Il 7 ottobre 2023 è la data dell’attacco di Hamas contro lo Stato di Israele, il notevole impatto mediatico (grazie alle centinaia di video diffusi in rete) descrive il massacro del Nova Music Festival ma la mattanza non si è limitata ai giovani intervenuti a quel rave party. Centinaia di israeliani (con uomini/donne di altre 39 nazionalità) sono stati rapiti e le fonti riportano di almeno 1300 morti. La comunità ebrea di Milano, sui propri social, ha esposto, fin da subito, una mappa interattiva, in continuo aggiornamento, riportando nomi delle vittime (siano essi uccisi oppure rapiti) e il dettaglio delle località interessate dagli scontri: https://oct7map.com/. La risposta israeliana all’attacco è stata durissima: 25.000 civili sono stati uccisi nella striscia di Gaza, secondo dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (link visionato il 22.01.2024), https://news.un.org/en/story/2024/01/1145742.
[2] Il 2024 è un anno davvero particolare perché sono veramente tante le tornate elettorali che dovranno tenersi. Si tratta di elezioni nazionali, comunitarie oppure locali, interessando quasi 80 paesi: da Taiwan agli Stati Uniti, dalla Russia al Bangladesh, dalle elezioni Europee a quelle Brasiliane, Indiane, Pakistane e di altri 18 paesi Africani. Le preoccupazioni interessano il “fantasma” dell’intelligenza artificiale generativa e la disinformazione che corre sui social, prescindendo da index che vogliono scandagliare la tenuta democratica dei vari paesi. Quelle in Argentina, per esempio, nell’ultimo scorcio del 2023, sono state le prime a essere condizionate dai deep fake (Massa e Milei, i candidati), chiaramente amplificate dai network mediatici. Come anticipato, per reprimere il dissenso politico si è “soliti” assistere al c.d. “spegnimento della rete”, come purtroppo è già accaduto in Pakistan, Senegal e Comore in occasioni delle elezioni, giustappunto. La CISA Statunitense ha lanciato un sito web dedicato alla sicurezza elettorale e il fact checking (#protect2024). Il sito si propone di essere l’elemento a copertura dei rischi informatici, fisici e operativi per le elezioni del 2024 negli USA. Il sito include collegamenti a differenti risorse: analisi delle informazioni sull’infrastruttura elettorale, anche gli utenti possono segnalare malware, indicenti, o avvisaglie di eventuali compromissioni all’infrastruttura o dei dati di voto.
[3] Nel mentre l’UE si è accinta a fornire la prima regolamentazione – a livello mondiale – sulla IA, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito un panel di esperti per studiarne gli impatti etici, l’Italia si impegna, nel contesto del G7, di analizzare le risultanze che essa può avere sul mondo del lavoro e approva un ddl. In questo contesto si pone, nel dicembre 2023, The New York, che intenta un’azione legale contro OpenAI, per violazione del diritto d’autore. Il motivo del contendere era appunto l’addestramento della chatbot tramite milioni di articoli provenienti dalla sua produzione giornalistica. https://www.nytimes.com/2023/1/2/27/business/media/new-york-times-open-ai-microsoftlawsuit.html; https://www.documentcloud.org/documents/24238498-nyt_complaint_dec2023 (link visionati il 03.02.2024).