Le vittime dimenticate: anziani, abusi e maltrattamenti
Inoltre, può riscontrarsi l’eventuale compromissione della salute con la comparsa di malattie croniche e, a volte, invalidanti. In alcuni casi, si può aggiungere anche un decadimento delle funzioni cognitive (es. demenza). A questo proposito, però, va ribadito che nell’anziano, i confini tra la psicologia e la psicopatologia sono spesso sfumati. E ciò anche perché, per es., la presenza di alcune comorbilità somatiche può rendere difficile talvolta la diagnosi differenziale; ma anche per la consapevolezza e il riconoscimento dell’anziano dei propri limiti, la sua attitudine e il suo pregiudizio rispetto alla dimensione psicologica e alla psicopatologia. Tra l’altro, la sintomatologia depressiva e ansiosa nell’anziano, per es., presenta dei livelli di gravità diversa rispetto a quelli considerati clinicamente significativi per l’adulto e ciò rende necessaria una differente valutazione della soglia oltre la quale considerare una determinata persona bisognosa di una presa in carico. Un altro aspetto che va sottolineato è poi la correlazione tra età ed esordio della patologia: bisogna distinguere tra quelle insorte in tarda età e quelle che erano già presenti nella vita adulta e che si sono ripresentate/riacutizzate nella vecchiaia; in questo secondo caso, l’interesse verte anche sull’identificazione dei fattori che hanno portato al nuovo episodio patologico oppure all’effetto particolare che la patologia cronica e di lunga durata ha scatenato. Nel caso in cui il disturbo si presenti per la prima volta, invece, è opportuno cercare di identificare le sue specificità in termini di sintomi, di gravità e di conseguenze, al fine di utilizzare gli strumenti più idonei per la sua identificazione e per il trattamento (Cesa Bianchi, 1997; 2006; De Beni, 2009).
Ancora, l’anziano deve fronteggiare anche ristrutturazione di aspetti caratteriali e di conseguenza comportamentali. Oltre a ciò, anche l’affettività tende a modificarsi, sia qualitativamente che quantitativamente. Si riduce l’intensità soggettiva e si concentra su aspetti circoscritti: l’anziano è concentrato, in particolare, sul suo benessere fisico e psichico e sul suo status economico e sociale. L’anziano orienta i propri investimenti affettivi al proprio presente e al proprio corpo (Calabrese, 2010).
Questo tuttavia non significa che l’anziano perda interesse per i legami affettivi e le relazioni interpersonali; al contrario, è ancora capace di amare e desidera sentirsi amato, ricevere attenzioni e affetto; così come non rinuncia ad una vita sessuale che rimane una importante aspetto della propria vita affettiva.
La persona anziana, inoltre, sovente deve affrontare cambiamenti nei contatti sociali, per lo più connessi alla vedovanza, alla perdita di amici o familiari; il che implica non solo un’elaborazione del lutto ma anche un ulteriore isolamento e ritiro sociale. A ciò possono aggiungersi cambiamenti di tipo logistico, come per es., dover andare ad abitare presso un figlio o subire un’istituzionalizzazione presso strutture socio-sanitarie.
Un altro atteggiamento che si può manifestare è l’eccessiva dipendenza da qualcun altro, a cui l’anziano affida la risoluzione delle proprie difficoltà. Spesso, inoltre, il tentativo di allontanarsi dalla solitudine con una nuova convivenza o matrimonio deve scontrarsi con le opinioni dei figli e con stereotipi sociali che negano l’esistenza della sessualità dell’anziano.
Frequentemente, poi, gli anziani devono confrontarsi con problemi di salute e talvolta hanno più attenzione per le parti del corpo malate che per quelle sane e usano la malattia come elemento attorno al quale far ruotare le relazioni e le attività quotidiane.
Tali cambiamenti però, va evidenziato, possono rappresentare delle occasioni di ristrutturazione della propria vita in base alle caratteristiche soggettive, alle condizioni di vita del soggetto, alla sua personalità, alle risorse sociali, familiari ed economiche.
Queste considerazioni, consentono di introdurre due concetti non immediatamente sovrapponibili: l’“anzianità fisiologica” e la “senilità patologica”, intendendo in quest’ultimo caso il decadimento cognitivo, i deficit sensoriali e motori, l’affettività e la motivazione che si organizzano in un disturbo psicologico e, quindi, influenzano in senso peggiorativo la qualità della vita psichica del soggetto, fino ad arrivare a quadri clinici importanti come la demenza.
I confini della vecchiaia fisiologica e di quella patologica spesso sono sfumati, perché progressivi e a volte con aree di sovrapposizione (Calabrese, 2010; Cesa Bianchi, 1997; 2006; De Beni, 2009).
Fattori di rischio e forme dell’abuso
In linea generale, l’abuso verso gli anziani è un’azione singola o ripetuta o la mancanza di un’azione appropriata, che avviene all’interno di qualsiasi relazione dove c’è un’aspettativa di fiducia che causa danno o sofferenza ad una persona anziana (Codini et al., 2004; Dawson, 2011; Deriu, Sgritta, 2009). Può assumere le forme di aggressione fisica, comportamento minaccioso, incuria e abbandono o violenza sessuale; si può trattare sia di atti diretti sia di omissioni che determinano un danno o una minaccia per la salute o per il benessere dell’anziano (Codini et al., 2004; Dawson, 2011; Deriu, Sgritta, 2009).