Le regole: fondamento per il futuro dei giovani

 In Editoriale, N. 1 - marzo 2013, Anno 4

Regula, è in latino un’unità di misura che indica un limite e quindi la possibilità di “misurare” qualcosa. Dunque, la regola rappresenta l’unità di misura del nostro agire, ciò che lo circoscrive entro un ambito preciso e ne delinea il confine. La regola, di fatto, è la forma che riassume la possibilità di un controllo e della verifica dell’umano agire.

Perché partire dalla regola parlando del futuro dei giovani?

Perché oggi l’unità di misura sembra aver perso il senso del confine, il senso del limite, a discapito di una regola sempre più negoziata, addomesticata, persino piegata e – quindi non rispettata – al volere di un singolo o di un gruppo di individui. Tutto ciò contribuisce ad alimentare quella ormai diffusa sensazione di incertezza e di mancanza di fiducia nel futuro che attanaglia noi adulti e tiene in scacco i giovani. Se l’unità di misura, non “misura più” e non restituisce, quindi, la certezza del limite, quale sarà il confine di un comportamento trasgressivo, rispetto ad uno lecito che diventi terreno fertile per la costruzione di un adulto responsabile?

Sempre più spesso gli adulti trasmettono, nella loro funzione educativa, attraverso atteggiamenti, azioni e modalità di essere, il senso della possibilità di travalicare il confine preciso della regola: “la regola sarebbe questa, ma per questa volta…” fatidiche parole che ognuno di noi, almeno una volta, si è trovato a pronunciare trascinato da un momento di stanchezza, debolezza o eccessivo permissivismo.

È tipico, ed in parte fisiologico per l’adolescente in fase di crescita e per i giovani nella fase di conquista della propria identità, reagire con insofferenza alla regola data, ossia re-agire al confine che viene imposto alle sue azioni. Troppo spesso però, le loro re-azioni si manifestano in agiti aggressivi, comportamenti che travalicano il confine delle norme condivise, di quanto viene ad essere riassunto nella parola “legalità”, attraverso azioni devianti di cui ancora più spesso ignorano le conseguenze e la portata simbolica del gesto.

La riflessione, dunque, è su come mai, oggi, l’adulto, nella sua funzione educativa e di sostegno, si impegni a rendere il futuro dei giovani più facile, e su come mai lo scopo principale sembra essere divenuto quello di fiaccare chi, invece, dovrebbe essere fortificato.

Oggi sembra essere diventata una regola sociale, cercare di impedire che i ragazzi si facciano male, subiscano frustrazioni, seguendo una declinazione dell’educare, che rincorre l’imperativo della “sicurezza a tutti i costi”, a scapito di esperienze che mettano a dura prova la tenuta di ciò che, fino a quel momento, il ragazzo ha appreso nel suo tentativo di diventare adulto.

Quante volte siamo stati testimoni di episodi di rabbia animalesca o di crudele cattiveria, sentimenti che, spesso, armano le mani di adolescenti e di giovani adulti dal volto pulito, ma dal cuore e cervello in piena anestesia: l’unica certezza sembra essere proprio l’assenza di confini certi e di codici etici che li portano ad essere, loro malgrado, protagonisti di azioni aggressive che sfociano, quasi sempre, in una violenza gratuita, assurda o per futili motivi.

Quante volte siamo catturati da episodi di cronaca che ci fanno sentire disarmati e impotenti, ma subito pronti a “giustificare” l’episodio attribuendo la responsabilità all’uso di sostanze stupefacenti, alcool o a un generico disagio psicologico. Adulti sempre più spesso pronti a perdonare, a difendere quella inconsapevole connivenza verso l’attore del gesto, quasi mai della vittima, come se la nostra funzione educativa non avesse nessuna possibilità di accesso al cambiamento di simili comportamenti, sottovalutando, o dimenticando, la funzione educativa delle regole: un limite di cui i giovani hanno necessariamente bisogno per poter costruire un sano, equilibrato proprio spazio vitale futuro.

Dovremmo ricordare in qualità di adulti, che i ragazzi vanno educati, offrendo, unitamente ad una affettuosa accoglienza, anche il contenimento inteso proprio come confine solido, ben definito e demarcato a volte anche con severità, evitando di essere adulti che ormai troppo spesso, adattano le proprie regole educative all’umore giornaliero o alle necessità personali del momento e delle situazioni. Dovremmo non dimenticare che trattare, negoziare e verificare la funzionalità della regola, è uno dei passaggi fondamentali che i ragazzi hanno per poter imparare, sperimentarsi e crescere.

Ogni regola, dunque, ha una sua precisa importanza in relazione anche alla sua portata simbolica. Il suo valore, infatti, consiste in ciò che di generalizzabile contiene, e la sua funzione educativa, cioè il senso della regola, acquisisce un suo senso se proiettata nel futuro. Il messaggio che deve arrivare dunque, è che nella vita ci sono delle regole che, quando discusse e accettate, devono essere osservate, altrimenti significa mancare di rispetto a chi le ha introdotte (Crepet, 2011).

Giovani diversi, figli di sistemi educativi diversi, eredi del passaggio da un modello educativo normativo ad uno affettivo, in cui la funzione dell’adulto sembra essere sempre più deputata alla trasmissione di affetti, più che di valori etici. Un contesto in cui la gestione del sistema di regole educative viene tramandata attraverso la condivisione dichiarata del “potere” genitoriale, una maggiore presenza di con-fusione di ruoli e la negoziazione della regola finalizzata ad evitare conflitti.

Accade così che anche la trasgressione viene sanzionata attraverso un sistema di mediazione e di compromesso in cui è l’affetto a diventare il principale strumento per far rispettare le regole: una sorta di ricatto morale in cui l’ubbidienza e il rispetto della regola sono finalizzate, non ad evitare la punizione, ma a non deludere l’adulto e le sue aspettative con un conseguente senso di inadeguatezza e vergogna che spesso porta gli adolescenti a commettere gesti estremi.

Non sono solo gli spazi di interazione ad essere importanti, ma il saper essere dell’adulto che favorisce la comunicazione con i giovani, in quanto specchio che riflette l’immagine di ciò che diventeranno crescendo. In questo spazio di incontro, influiscono gli atteggiamenti verso il mondo, la vita, i momenti di depressione, il nostro avere ripiegato e gettato la spugna arriva come un messaggio di minaccia e sfiducia nel futuro (Pietropolli Charmet G., 2009). L’adulto, quindi, nella sua funzione educativa, diventa un filtro tra il mondo e i giovani, mai neutrale, ma sempre animato, uno specchio della realtà.

La regola è, dunque, essenziale per indicare la strada ai giovani e tracciarne i limiti, per educare al rispetto dell’altro e di se stessi; è la base per apprendere la convivenza tra le persone, sperimentare modalità di relazione, banco di prova per diventare adulti solidi capaci di costruire il proprio futuro. “Dare l’esempio”, quindi, significa educare ad una percezione di fiducia e contribuire alla costruzione di adulti responsabili e rispettosi, capaci di muoversi all’interno di un giusto limite tra sé e gli altri: fondamento per il futuro dei giovani in una società autenticamente civile.

 

Bibliografia

Crepet P., “L’autorità perduta”, Einaudi, Torino 2011.

Pietropolli Charmet G., “Ragazzi sregolati”, Franco Angeli, Milano 2009.

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