L’aggressività nelle prime relazioni sentimentali

 In FocusMinori, N. 3 - settembre 2016, Anno 7

Nel trattare la tematica della violenza nelle relazioni di coppia, la ricerca si è focalizzata principalmente sulla violenza nelle coppie adulte, è stato a partire dalla metà degli anni 1990 che l’interesse si è ampliato anche alle relazioni sentimentali tra adolescenti ed ai comportamenti aggressivi che avvengono anche in questa fascia d’età (O’Keefe, 2005).

Uno dei motivi per cui tale fenomeno è stato poco studiato è rintracciabile nelle credenze che le relazioni sentimentali in adolescenza fossero poco stabili, transitorie e banali, mentre di fatto, ricerche empiriche condotte successivamente hanno sfatato questo mito, dimostrando non solo che l’età in cui iniziano ad instaurarsi le prime relazioni privilegiate si sta abbassando, ma soprattutto, già a partire dai 14 anni un numero sempre maggiore di ragazzi dichiara il coinvolgimento in storie sentimentali, di cui alcune significativamente persistenti nel tempo (Menesini, Nocentini, 2008).

Nelle relazioni iniziate nella media e tarda adolescenza, è presente una maggiore intimità, impegno, le relazioni sono più intense, rispetto alle infatuazioni dei più giovani, e sono proprio queste prime esperienze che preparano a relazioni più mature e durature. Ovviamente anche in adolescenza le relazioni sentimentali possono essere sia positive, basate su aspettative di amore e supporto, sia relazioni disadattive, pervase da comportamenti aggressivi, mancanza di affetto o caratterizzate da dinamiche di potere e di conflitto (Menesini, Nocentini, 2008).

I confini dell’aggressività

L’aggressività, non assume sempre una connotazione negativa, ma sotto alcuni aspetti, in primis dal punto di vista adattivo, può avere funzioni importanti per la difesa e la sopravvivenza della specie e dell’individuo, nonché per la propria autorealizzazione. L’aggressività è disadattiva quando viene prodotto un danno ed è intenzionale.

Le influenze genetiche, sono in relazione con quelle ambientali, i comportamenti aggressivi possono essere influenzati dall’esperienza, non sono rigidi (Shaffer, 1998), il ruolo dell’apprendimento è comunque fondamentale. Sono presenti molte evidenze scientifiche che sostengono quanto una condotta aggressiva così come la capacità di elaborare risposte alternative, dipendano non solo da fattori biologici ma anche dalle influenze della famiglia e del primo gruppo di socializzazione (Biondi M., 2005).

Risulta ovvio, che in alcuni contesti e soprattutto se perpetrati con una certa frequenza, i comportamenti aggressivi possono risultare dannosi sia per chi li subisce sia per chi li mette in atto, ma nel complesso anche per la comunità (Fagiano e Ramaglia, 2006).

L’aggressività può assumere molte forme, una classificazione particolarmente utile nella ricerca distingue tra aggressività strumentale e aggressività ostile. La distinzione dipende dall’intenzione dell’individuo, non dall’atto (Schaffer, 1998). L’aggressività ostile, comprende quegli atti il cui obiettivo è la volontà di fare del male e arrecare un danno o ferite alla vittima, colpire è un fine in sé (Schaffer, 1998). L’aggressività strumentale, invece, comprende azioni aggressive che possono danneggiare un’altra persona, ma per ottenere un utile personale e generalmente questa tipologia diminuisce, una volta sottratte le ricompense. Questa differenza risulta utile nel tracciare lo sviluppo dell’aggressività nel tempo, in quanto le due forme mostrano un diverso andamento (Schaffer, 1998). Infatti i comportamenti aggressivi durante l’età evolutiva si manifestano con modalità e frequenza differenti in base all’età della persona, così come il significato del comportamento aggressivo cambia durante lo sviluppo.

Schaffer (1998) riassume le modificazioni ontogenetiche nell’aggressività sotto quattro categorie: quantità, tipo, cause di comparsa e cognizione.

In riferimento alla quantità, complessivamente i comportamenti aggressivi negli scambi tra bambini tendono a diminuire con l’aumentare dell’età (Shaffer, 1998). Evidente negli anni del periodo prescolastico; durante l’infanzia troviamo un nuovo aumento dell’aggressività: secondo Cairns (1986) gli atti aggressivi, sia riferiti che osservati, aumentano tra i 9 e i 14 anni, sebbene questo si riscontrasse per i maschi e non per le femmine. La differenza fra i sessi può tuttavia dipendere dal modo in cui l’aggressività è manifestata: nei ragazzi che hanno preso parte alla ricerca veniva espressa direttamente come confronto, nelle ragazze prendeva forme più sottili come l’ostracismo sociale e l’alienazione.

Anche il tipo di aggressività, verbale piuttosto che fisica, subisce modifiche con lo sviluppo. Crescendo i bambini tendono ad esprimere l’aggressività sempre più in forma verbale rispetto a fisica. Inoltre cambia anche l’equilibrio tra aggressività ostile e strumentale. A tal proposito, in un suo studio, Hartup (1974) osservò per un certo periodo di tempo bambini di 4-6 e 6-7 anni di età, e riscontrò che la diminuzione nella frequenza di episodi aggressivi era dovuta alla diminuzione della aggressività strumentale; mentre l’aggressività ostile cambiava poco a eccezione della forma. L’aggressività, sembra, venga utilizzata in modalità differenti mano a mano che i bambini crescono (Shaffer, 1998).

Schaffer (1998) osserva delle modifiche anche in merito alle cause di comparsa dei comportamenti aggressivi. Partendo dal presupposto che l’aggressività viene impiegata dall’individuo per raggiungere degli obiettivi e dato che gli obiettivi cambiano con l’età, cambieranno anche le situazioni alle quali egli reagirà in maniera aggressiva. Per esempio i conflitti dei bambini molto piccoli si svolgono principalmente con altri bambini; in modo progressivo, finiscono col coinvolgere anche i genitori. Nella tarda infanzia, si fa sempre più importante l’appartenenza a un gruppo, quindi non lotteranno più soltanto per obiettivi personali ma anche per quelli che riguardano il proprio gruppo o i coetanei che influenzano il loro contesto.

Anche il punto di vista cognitivo gioca un ruolo importante. Il crescente coinvolgimento cognitivo porta il bambino ad avere un sempre maggiore controllo del comportamento; aumentano le possibilità di inibire gli impulsi primitivi, sebbene aumentino anche le capacità di pianificare deliberatamente l’azione aggressiva. Il comportamento del bambino è influenzato in modo crescente dall’interpretazione personale degli eventi, per esempio nella comprensione che mostrano in merito alle motivazioni delle azioni di coloro con cui si trovano in contrasto (Schaffer, 1998).

Risulta ovvio che è necessaria la distinzione tra condotte aggressive e ragazzi/e che di fronte alle prime relazioni sentimentali si trovano impreparati. Alcuni episodi non sono sempre intenzionali, i giovani nella gestione delle prime relazioni possono sentirsi impreparati, impacciati, imbarazzati e dimostrare difficoltà nel delineare i confini tra scherzo, pressione e abuso (Xodo, 2011).

Prime relazioni sentimentali: tra risorsa e rischio

Le relazioni sentimentali hanno un ruolo importante durante la media e tarda adolescenza, consentono di perseguire obiettivi come il sostegno, realizzare il desiderio di intimità, lo sviluppo dell’autonomia personale, il rafforzamento dell’autostima. Imparare ad impegnarsi in una relazione affettiva, rappresenta però una sfida complessa, soprattutto per quegli adolescenti che n on hanno ancora sviluppato le competenze emotive, cognitive e sociali necessarie per poter acquisire una maggiore autonomia affettiva. È necessario saper controllare i propri impulsi, saper usare strategie di negoziazione, valutare le conseguenze del proprio comportamento, opporsi ai tentativi di manipolazione (Bonino et al, 2003).

Secondo i dati di una ricerca di Menesini e Nocentini (2008) solo il 13,2% dei ragazzi del presente studio, con età media di 15 anni riporta di non aver mai avuto alcuna relazione sentimentale; inoltre la durata media delle relazioni varia dai 4 mesi per i maschi ai 6 mesi per le femmine, dimostrando come non tutti i rapporti in questa fase siano brevi. La maggioranza dei ragazzi (42,45%) si trova nella fase definita di appuntamenti in gruppi misti a cui segue un secondo gruppo che dichiara di essere coinvolto in relazioni serie (35,8%). La ricerca ci fornisce informazioni anche in merito all’ambito qualitativo, infatti si evince che con l’avanzare dell’età la relazione sentimentale diventa da un lato sempre più supportiva e connotata da qualità positive sempre più rilevanti come impegno, intimità, ma dall’altro per alcuni adolescenti anche più conflittuale.

Nel descrivere il fenomeno dell’aggressività nelle prime esperienze sentimentali, la letteratura internazionale utilizza i termini Dating Violence e/o Dating Aggression. Come afferma Nocentini (2014) le ricerche in merito a questo fenomeno, sono condotte prevalentemente negli Stati Uniti, Canada e in misura minore nel Nord Europa, anche se recentemente gli studi si sono estesi anche ad altri Paesi tra i quali l’Italia. Negli ultimi anni, infatti, l’attenzione al Dating Aggression sta aumentando anche nella ricerca italiana.

Diviene necessario studiare l’aggressività nelle prime esperienze sentimentali per vari motivi, tra i principali vi è la considerazione della gravità delle stime di prevalenza, le conseguenze per il benessere psico-fisico, ed il valore predittivo che tali comportamenti potrebbero assumere rispetto al fenomeno della violenza nelle coppie adulte ed alla violenza domestica. Inoltre, trattandosi di soggetti in età evolutiva, non possiamo non prendere in considerazione l’effetto che l’abuso provoca in questa fase così delicata, e come tale esperienza possa influenzare il rischio di successive relazioni improntate sulla cosiddetta rivittimizzazione (Xodo, 2011).

Trattasi di un fenomeno studiato recentemente fa si che le ricerche in merito all’incidenza, anche a livello internazionale, non siano molte. Si pensi che le statistiche differiscono tra loro al punto da coprire un range tra il 9% e il 57% (Xodo, 2011). È comunque possibile trarre delle conclusioni complessive, anche se i dati sono di difficile comparazione. Sul punto, O’Keefe (2005) afferma che molte ricerche internazionali hanno preso in considerazione solo un tipo di violenza ad esempio quella fisica piuttosto che quella psicologica o sessuale. La maggior mole di lavoro comunque riguarda la vittimizzazione fisica; altre ricerche invece considerano nella definizione anche l’abuso psicologico o l’aggressività verbale. Inoltre a volte nella letteratura possiamo trovare riportati dati di incidenza diversi, questa differenza può essere spiegata dal fatto che alcuni studi considerano la aggressività all’interno di un’unica relazione, mentre altre indagano i comportamenti aggressivi avvenuti in più relazioni (O’Keefe, 2005). Un’altra problematica, riguarda il riferimento a perpetratori e vittime, infatti in alcuni casi la percentuale coinvolta raggruppa sia l’essere la vittima che l’esserne autore. Un altro dato da prendere in considerazione è che alcuni soggetti potrebbero rispondere in maniera socialmente desiderabile, e quindi non è detto che poi corrisponda a realtà (O’Keefe, 2003).

In Italia, i dati dell’Osservatorio Adolescenti di Telefono Azzurro e Doxa Kids (2014), ci forniscono le seguenti percentuali: «ad 1 adolescente su 4 è capitato che il/la proprio/a partner urlasse contro di lei/lui, e il 38,1% degli intervistati, soprattutto femmine (41,8% vs 34,6%), conosce un/a coetaneo/a cui il partner ha urlato contro il 13,9% riferisce di essere stato in prima persona oggetto di insulti verbali da parte del/della partner, mentre il 32,8% degli intervistati conosce qualcuno che è stato insultato; uno dei due partner minacci l’altro/a di lasciarlo/a se questi non fa ciò che gli/le viene detto è capitato all’8,2% del campione (al 10,3% dei maschi e al 6,1% delle femmine), mentre il 22,7% del campione (il 19,2% dei maschi e il 26,4% delle femmine) ha riferito di essere a conoscenza di questo tipo di minacce rivolte ad amici.” Nella medesima indagine, in merito alle violenze fisiche: “al 5,7% degli intervistati è capitato di essere stati picchiati dal/la partner. La differenza tra i sessi, per quanto concerne la violenza fisica, merita un approfondimento, visto che il 7,9% dei maschi – a fronte del 3,3% delle femmine – ha dichiarato di essere stato picchiato dal partner».

Infatti il dato della maggiore aggressività fisica nelle ragazze va letto anche «evidenziando come in molti casi l’aggressività delle femmine sia motivata dall’autodifesa. I principali fattori che scatenano l’aggressività sarebbero la rabbia (al primo posto), l’autodifesa (al secondo) e, a seguire, il desiderio di controllare il proprio partner e la gelosia. A facilitare il ricorso alla violenza tra le ragazze sarebbe inoltre la percezione, sempre più diffusa tra i giovani, che, mentre la violenza dei maschi è sempre non legittima, non giustificabile e non accettabile, quella delle ragazze in qualche modo lo sia, o comunque lo sia di più [1]».

La letteratura dimostra che le ragazze non risultano esterne al fenomeno né rispetto alle dimensioni subite, né per quelle agite. Alcune ricerche evidenziano come non ci siano differenze tra maschi e femmine nel coinvolgimento in comportamenti aggressivi nelle relazioni sentimentali, mentre tali differenze sono generalmente evidenziate in altri contesti relazionali (Menesini, Nocentini, 2008). Secondo altri autori, queste differenze emergono quando viene esaminata la violenza sessuale subita che le ragazze riportano, infatti in modo significativamente più elevato dei ragazzi (O’Keefe, 2005).

Nel complesso, in merito al genere sessuale di autore e vittima, la letteratura sostiene che i maschi tendono ad utilizzare forme di violenza legate alla sfera sessuale o fisica, mentre le femmine utilizzano forme di aggressività relazionale (Menesini & Nocentini, 2008) e comportamenti di matrice psicologica. Chiaramente per potersi esprimere con maggiore certezza in merito alla relazione tra genere sessuale e aggressività, sono necessari ulteriori approfondimenti da parte della ricerca scientifica.

Nell’indagare le condotte aggressive nelle relazioni sentimentali tra adolescenti, preme spendere due parole in merito ad un aspetto dell’abuso psicologico. Con l’avanzare della tecnologia (di cui è indubbio l’apporto in termini di informazione e comunicazione) spesso nelle relazioni sentimentali, le minacce, pressioni o molestie passano anche per cellulari e/o social network, per esempio con minacce di postare on-line video o foto private, ma anche sotto forma di un eccessivo controllo del partner. Ormai noti e molto studiati sono i fenomeni del sexting, cybermolestia e cyberbullismo.

Indagare la c.d. dating aggression, è importante anche in riferimento al valore predittivo nelle coppie adulte. come affermano Menesini e Nocentini (2009), l’esame dello sviluppo della condotta aggressiva permette di cogliere la continuità delle diverse tipologie sia a livel lo trasversale che longitudinale.

Nella media-tarda adolescenza divengono importanti le relazioni amicali con i coetanei, l’appartenenza ad un gruppo, fino ad arrivare alle prime relazioni sentimentali caratterizzate da intimità. Nel periodo che va dall’adolescenza alla prima età adulta, le relazioni sentimentali acquisiscono un’importanza crescente, e in merito ai comportamenti aggressivi, mentre episodi come bullismo e violenza tra pari tendono progressivamente a diminuire, iniziano a manifestarsi in altre forme e modalità, come all’interno delle relazioni sentimentali (Menesini, Nocentini, 2009).

Secondo i dati della letteratura, nella coppia è possibile osservare un aumento progressivo dell’aggressività fisica sia nei maschi che nelle femmine a partire dai 14-15 anni, il quale raggiunge un picco massimo intorno alla prima età adulta (22 anni per le femmine, 25 per i maschi), per poi diminuire. Possiamo ipotizzare che, nell’arco dello sviluppo che va dai 14 ai 19 anni, accanto ad un procedere in parallelo di diversi tipi di comportamento aggressivo, vi sia un progressivo declino di alcune forme e un aumento di altre che risultano più o meno salienti rispetto alla specifica fase di sviluppo (Menesini, Nocentini, 2009).

Diversi studi sostengono che l’aggressività tra partner è specifica rispetto ad altre forme di violenza, con dinamiche caratterizzate da una escalation del conflitto dalla modalità verbale finanche a quella fisica. 

Conclusioni

Per poter comprendere la condotta aggressiva nelle prime relazioni sentimentali, è fondamentale fare riferimento alla storia evolutiva dei singoli partner, al contesto in cui sono inseriti (caratteristiche della famiglia, del gruppo dei pari, ecc.) e alle dinamiche relazionali della coppia (Nocentini, 2014).

Chiaramente sono necessari ancora ulteriori studi per poter inquadrare il fenomeno all’interno di una solida cornice teorica, per comprendere l’effettiva incidenza e per potersi meglio pronunciare anche in merito ad eventuali differenze tra i generi sessuali. Così come ulteriori studi, soprattutto longitudinali, potranno permettere di meglio definire la continuità o meno di questi comportamenti aggressivi anche nell’età adulta.

Indagare la continuità nel tempo delle condotte aggressive nelle giovani coppie, ci permette di ottenere risultati utili in molteplici campi. Per esempio in merito alla trasmissione intergenerazionale della violenza, alla persistenza del ruolo di vittima piuttosto che di aggressore, quanto può incidere come fattore di rischio per la violenza in coppie adulte e anche in riferimento a condotte antisociali adulte.

Anche in merito agli abusi psicologici sono fondamentali ricerche longitudinali, per indagare quanto il “vincolo di coppia” risulti un fattore di rischio nel compromettere l’autonomia. Questo vincolo si esprime con controllo eccessivo, limitazioni, fino ad arrivare a ragazzi/e che riferiscono di sentirsi intrappolati nella relazione e non sapere come fare per uscirne, perché a volte minacciati o per paura che l’altro compia gesti estremi.

È necessario rispettare e riconoscere il valore delle relazioni sentimentali in adolescenza, ma bisogna anche aiutare i ragazzi/e ad interiorizzare un’immagine di sé degna di affetto e rispetto.

Dai dati emerge che le prime esperienze sentimentali, spesso non sono brevi e banali, ma sono intense, mostrano un alto coinvolgimento emotivo. Per questo motivo non si può pensare che alcune problematiche riguardano solo il mondo degli adulti, anche i ragazzi/e investono molto nelle loro relazioni. Inoltre in un’età in cui spesso tanti non hanno ancora gli strumenti per comprendere che i comportamenti aggressivi non possono essere subiti ed accettati, non sono “normali”, che non è vero “che cambierà”, che la prevaricazione, il possesso, la gelosia e l’eccesso di controllo non possono essere scambiati per amore.

 

Bibliografia

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Fagiani M.B., Ramaglia G., (2006), L’aggressività in età evolutiva, Carocci, Roma.

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Sitografia

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www.adolescienza.it

www.azzurro.it

www.vawnet.org

 


[1] www.azzurro.it

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