La Passione Molesta
La normativa internazionale Anti-Stalking
La giurisprudenza Americana, è stata la prima a affrontare il problema dello stalking.
In California, sin dal 1900, lo stalking è contemplato come reato penale nella sezione 646.9 del codice penale e come illecito civile nella sezione 1708.7 del codice civile. La normativa definisce lo stalking come l’intenzionale, malevolo e persistente comportamento di seguire o molestare un’altra persona e, ai fini del risarcimento del danno, richiede che insieme alla molestia esista una minaccia credibile, verbale o scritta o attraverso un dispositivo elettronico di comunicazione, che metta in pericolo la sicurezza della persona e dei suoi familiari.
Nel 1992 il Congresso degli Stati Uniti ha deliberato che la massima autorità giudiziaria della Federazione, l’Attorney General, attraverso il National Istitute of Giustice, conducesse ricerche sul fenomeno e sviluppasse un modello legislativo anti-stalking costituzionale e applicabile nelle singole legislazioni degli stati membri. Entro la fine del 1994 tutti gli Stati americani hanno approvato la legge anti-stalking e nel 2002 il Federal Bureau of Investigation ha elaborato le strategie investigative sullo stalking.
In Australia la prima normativa sullo stalking, introdotta nello stato del Queensland, risale al 1993. I comportamenti stalkizzanti, quali appostamenti, pedinamenti, telefonate, e-mail, fax, invio di materiale offensivo, intimidazioni e molestie di vario genere, rientrano nel concetto di stalking illegale (unlawful stalking) previsto nelle sezioni 359a-359f del Criminal Law Amendment Bill e punito con la pena massima di cinque anni di reclusione o sette anni se lo stalking è commesso con violenza o minaccia contro una persona o la proprietà, con l’uso di un’arma o in violazione di un ordine della Corte.
Nel 1997 nel Regno Unito è stato adottato il Protection from Harassment Act che prevede due diverse forme di comportamento antisociale: la molestia vera e propria (harassment) e la condotta idonea a provocare in altri la paura di subire azioni violente (putting people in fear of violence). In entrambi i casi sono previsti l’arresto immediato, la perquisizione della proprietà della vittima al fine di individuare le prove del comportamento di molestie assillanti, la reclusione da sei mesi a cinque anni e/o il pagamento di una multa.
In Irlanda è stato introdotto, nel 1997, il Non Fatal Offences Aganist the Person Act che, nella sezione 10, punisce chi volontariamente o involontariamente con atti molesti interferisce nella vita privata di una persona o le provoca timore, angoscia e danni con la reclusione fino a sei anni e/o con la multa non superiore a millenovecentocinque euro.
In Belgio, lo stalking detto belaging è stato considerato reato nel 1998. L’ art. 442 bis del codice penale statuisce che chiunque abbia molestato una persona, mentre era a conoscenza o avrebbe dovuto comunque sapere che il suo comportamento era tale da violare la tranquillità di un’altra persona, sarà punito con la reclusione da quindici giorni a due anni e con una multa da cinquanta a trecento euro o con una di queste sanzioni.
Nel 2000 è entrata in vigore, per la prima volta nei Paesi Bassi, una legge contro lo stalking chiamata Anti-stalkingswet o Wet Belaging. La definizione legale è contenuta nell’articolo 285b del codice penale, che definisce lo stalker (non lo stalking) colui che illegittimamente, volontariamente e sistematicamente viola la vita privata di una persona con l’intenzione di costringere la stessa a fare, non fare o tollerare qualcosa, o a spaventarla e punisce il colpevole con la reclusione fino ad un massimo di tre anni e con il pagamento di una multa. Nella legislazione olandese l’intervento di tipo penale rappresenta, tuttavia, una extrema ratio. Infatti, le parti coinvolte dovrebbero cercare di risolvere la situazione attraverso una conciliazione, con l’aiuto di un mediatore. Successivamente, laddove questo primo tentativo non vada a buon fine, la vittima potrebbe fare ricorso alla legge civile e, soltanto in caso di inutilità dello strumento civilistico, si potrà fare ricorso al processo penale.
Dal 2004, in Danimarca nella sezione 265 del codice penale, peraltro già prevista nel codice del 1933 e poi modificata nel 1965, con il termine forfolgelse col significato di persecuzioni ripetute (inteso come sottocategoria del più ampio vocabolo danese kraenkelse ovvero singolo atto di molestia) è punito, con il pagamento di una multa o con la reclusione non superiore a due anni, ogni atto che violi la tranquillità di una persona.
A Malta, nel 2005, sono stati inseriti nel codice penale gli articoli 251a e 251b sul reato di stalking chiamato fastidju. Le norme prevedono che il colpevole di atti stalkizzanti, che causano danni alla persona, ai suoi parenti o alla sua proprietà, è punito con la reclusione fino a sei mesi e con il pagamento di una multa.
In Austria, nel 2006, il fenomeno dello stalking definito beharrliche verfolgung è stato inserito nella sezione 107a del codice penale che punisce con la reclusione fino ad un massimo di un anno le persecuzioni persistenti di chi cerca un contatto con la vittima, la importuna attraverso il telefono o altri mezzi di comunicazione, ordina beni e servizi usando i suoi dati personali, induce gli altri a molestare una persona fornendo informazioni personali su questa.
Dal 2007, in Germania, la previsione del reato di stalking indicato con l’espressione nachstellung è contenuta nell’art. 238 del codice penale che prevede la reclusione fino a tre anni o il pagamento di una multa per chi perseguiti illecitamente una persona cercando insistentemente la sua vicinanza, tenti di stabilire con essa un contatto tramite i mezzi di telecomunicazione o l’ausilio di terzi, ordini merci o servizi utilizzando abusivamente i suoi dati personali oppure induca un terzo a mettersi in contatto con essa, minacci con lesioni corporali l’incolumità, la salute e la libertà della vittima o di una persona ad essa vicina, oppure compia azioni simili che rechino grave pregiudizio all’organizzazione di vita di tale persona.
Negli altri Stati europei lo stalking non costituisce una fattispecie specifica e spesso anche i singoli atti non sono di per sé illegali. Ciononostante, lo stalking, pur in assenza di una norma ad hoc, nel suo insieme o attraverso singoli comportamenti che lo caratterizzano, è punibile penalmente attraverso altre condotte giuridiche previste nei codici penali delle singole nazioni e riferibili ai reati di minaccia, diffamazione, ingiuria, violazione di domicilio, danneggiamento, lesioni personali, violenza personale e/o privata.
La normativa italiana Anti-Stalking
In Italia la Giurisprudenza ha svolto per lungo tempo un ruolo di supplenza rispetto al Legislatore nell’elaborazione dei precetti giuridici e delle relative sanzioni, richiamandosi principalmente ai generali principi dell’ordinamento che tutelano la dignità e la libertà di autodeterminazione della persona umana (Bartolini, 2009) .
Lo stalking e gli atti persecutori (Caldaroni, 2009) sono ritenuti una violazione dei diritti umani ed assumono rilevanza nell’ottica del risarcimento del danno, o meglio, del danno esistenziale, quale voce di danno che rifacendosi all’art. 2 della Costituzione italiana impone la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo.
Per pervenire ad una qualificazione giuridica delle molestie si è proceduto attraverso un’analisi sulla gravità e sull’idoneità offensiva dei fatti addebitati alla luce dei diritti fondamentali della persona, come il diritto all’uguaglianza (art. 3 Costituzione italiana, art. 7 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, art. 14 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 21 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), il diritto alla libertà personale (art. 13 Costituzione italiana, art. 3 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, art. 5 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 6 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ) e il diritto alla salute (art. 32 Costituzione italiana, art. 25 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, art. 12 Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, art. 3 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea).
Con il varo del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, contenente misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, convertito il 23 aprile 2009 dalla legge n. 38 (Parodi, 2009) è stata introdotta nel nostro ordinamento, peraltro con notevole ritardo rispetto agli altri ordinamenti europei, una nuova fattispecie di reato finalizzata a far venire meno la condotta persecutoria (Tovani, Trinci, 2009) nei confronti soprattutto delle donne.
Gli Atti Persecutori sono stati inseriti nel Libro II Dei Delitti in particolare, Titolo XII Dei Delitti contro la Persona, Capo III Dei Delitti contro la Libertà Individuale, Sezione III dei Delitti contro la Libertà Morale e l’art 612 bis del codice penale prevede che:
«salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni».
Il bene giuridico tutelato dal Legislatore si ravvisa, in primo luogo, nella libertà morale, ovvero nella libertà di autodeterminazione dell’individuo. Inoltre, tale condotta delittuosa potrebbe ledere, una volta realizzatasi in capo alla vittima quel grave disagio psichico, il bene costituzionalmente garantito della salute. In tale ipotesi, il bene protetto potrebbe essere individuato nella tutela della incolumità individuale. Pertanto, l’illecito de quo deve essere considerato un reato abituale, caratterizzato dalla necessità che le condotte reiterate producano determinati eventi, essenzialmente plurioffensivo.
Il reato di specie si connota per la sussistenza di tre elementi oggettivi costitutivi: la condotta tipica del reo, la reiterazione di tale condotta e l’insorgere di un particolare stato d’animo nella vittima.
L’illecito in esame è ascrivibile in genere nelle classiche ipotesi delittuose di minacce e molestie, peraltro già previste e sanzionate autonomamente dal Legislatore. Sussiste la minaccia nel caso in cui il reo prospetti alla vittima un male futuro, in modo tale da turbare gravemente la tranquillità della vittima stessa. La molestia, invece, si ravvisa nel caso in cui l’equilibrio psichico di una persona media venga alterato in maniera fastidiosa o inopportuna.
Detta condotta deve essere reiterata e seriale nel senso che i sopra descritti atti devono succedersi nel tempo. La continuazione e reiterazione in un certo lasso di tempo è elemento costitutivo. Pertanto i suddetti singoli atti, se posti in essere in un’unica occasione, non integrano la fattispecie delittuosa degli atti persecutori ma quelle del tipo minaccia o molestia, magari continuate se dette condotte vengano posti in essere più di una singola volta.
Infine, tali azioni illecite devono cagionare alla vittima un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere. Con l’evento del grave disagio psichico, vista la indeterminatezza della figura, si devono intendere solo ed esclusivamente forme patologiche contraddistinte dallo stress, di tipo clinicamente definito grave e perdurante. Quanto al secondo degli eventi conseguenti alla condotta illecita, ovvero il timore per la sicurezza personale o propria, tale ipotesi ricorre ogniqualvolta la vittima, a causa dei comportamenti del reo, abbia timore per la propria sicurezza. Tale stato d’animo deve essere valutato in concreto, in base a tutti gli elementi che caratterizzano la vicenda, e deve essere tale se riferito ex ante con riguardo alla valutazione di una persona media. Infine, l’ultimo degli eventi sopra riportati riguarda il caso in cui, a seguito delle condotte persecutorie, il soggetto leso sia costretto, contro la sua volontà e non potendo fare altrimenti, a modificare rilevanti e gratificanti abitudini di vita.
Sulla base di quanto detto, il reato sussiste solo quando siano integrati tutti i succitati elementi obbiettivi:
- L’elemento psichico del reato è ravvisabile dal dolo generico nella condotta del reo, cioè dalla volontà e consapevolezza di porre in essere le sopra descritte condotte persecutorie, cagionando alla vittima uno degli eventi lesivi previsti dalla norma stessa. Infatti, il dolo dell’agente è contraddistinto dalla rappresentazione specifica che, a seguito della reiterazione seriale delle azioni delittuose predette, si verificherà nella vittima uno degli accadimenti dannosi considerati.
- L’illecito di specie si consuma nel momento in cui, a seguito delle sopra descritte e seriali condotte delittuose, il reo cagioni nella vittima uno degli eventi lesivi descritti dalla norma.
- Il tentativo non è incompatibile con la struttura della fattispecie criminosa in esame. Tale ipotesi potrebbe configurarsi nel caso in cui si riesca a fornire la prova della reiterata realizzazione di atti sufficienti ad integrare un numero di condotte in grado di soddisfare il requisito della serialità.
Perché lo stalking sia punibile, è necessario che la persona offesa presenti Denuncia-Querela contro lo stalker entro sei mesi dal verificarsi dell’atto persecutorio.
Il delitto di stalking si prescrive in un limite ordinario di sei anni ed in un limite ordinario finale, in presenza di atti interruttivi, di sette anni e mezzo per il compiersi del termine comportante l’estinzione della pena. La pena stabilita, salva l’applicazione di aggravanti, è la reclusione da sei mesi a quattro anni. Gli atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. sono inseriti fra le aggravanti di cui all’art. 577 c.p. comma 1, che applica la pena dell’ergastolo qualora l’omicidio di cui all’art. 575 c.p. sia commesso ove ricorrano le aggravanti in esso riportate, e anche fra le aggravanti di cui all’art.609 ter c.p., che prevede la reclusione da 6 a 12 anni per i fatti di cui all’art. 609 bis c.p. sulla violenza sessuale. Con l’applicazione delle aggravanti speciali: la pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso da persona già condannata per il delitto di cui al primo comma ed è aumentata fino alla metà e si procede d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore, di un disabile, di una donna incinta ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339 c.p. ossia se il fatto è commesso con armi, da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte. Si procede altresì d’ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d’ufficio.
È stato altresì, inserito nel codice penale, l’art. 612 ter (Diffida): «la persona che si ritiene offesa da condotta che può presentare gli elementi del reato di cui all’articolo 612 bis c.p. può richiedere all’autorità competente di diffidare l’autore della stessa».
La persona offesa, fino a quando non ha proposto querela ai sensi dell’art. 612 bis c.p., ha la facoltà di rivolgere al Questore istanza di ammonimento per esporre i fatti oggetto della condotta dell’autore di atti persecutori. Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato di cui all’articolo 612 bis c.p. il Questore, su autorizzazione del pubblico ministero che procede, invita l’indagato a tenete una condotta conforme alla legge e redige processo verbale. La diffida è notificata all’indagato con le forme di cui agli articoli da 148-171 c.p.p. del codice di procedura penale. Se nonostante la diffida formale l’indagato commette nuovi atti persecutori espressamente denunciati all’autorità, il reato è perseguibile d’ufficio, la pena detentiva prevista dal primo comma dell’articolo 612 bis c.p. è aumentata fino a sei anni ed il provvedimento va a modificare l’art 342 ter, terzo comma c.c. del codice civile sostituendo le parole “sei mesi” con “un anno”.
Si ritiene comunemente che questi comportamenti molesti eterogenei divengano atti persecutori quando proseguono per un periodo minimo di quattro settimane, in un numero minimo di dieci manifestazioni.
I singoli accadimenti vanno contestualizzati e valutati collettivamente osservandoli nella cornice dell’intera durata dell’iter di molestie.
La parte offesa del reato teme per la propria incolumità fisica e psicologica e il fastidio, la preoccupazione e la paura provate, integrano la fattispecie di cui la volontà della condotta e la direzione della volontà verso il fine specifico di interferire inopportunamente nell’altrui sfera di libertà rappresentano l’elemento soggettivo.
Oltre alla punizione del colpevole, la legge consente di ottenere il risarcimento del danno patito dalla persona offesa, danno che può essere patrimoniale (quale quello derivante dal danneggiamento dei beni), biologico (derivante da lesioni sulla persona della vittima), e altresì esistenziale (quello che lede il diritto al libero dispiegarsi delle attività umane, alla libera esplicazione della personalità) ai sensi degli artt.1226, 2043, 2059 c.c. codice civile dell’art. 185 c.p. codice penale (Rossi, 2005; Vaglio, 2006).
La rilevanza penale degli atti persecutori consente alla vittima di costituirsi parte civile nel processo penale, ai sensi degli artt. 74-82 c.p.p. codice di procedura penale, e chiedere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito o di attivare un autonomo giudizio risarcitorio civile. Il giudizio civile resta l’unica strada qualora non si sia proceduto in sede penale, nei casi in cui il soggetto ammonito dal Questore abbia poi effettivamente desistito dalle molestie o perché le molestie non assurgono a quella gravità tale da meritare la sanzione penale. In sede civile la vittima dovrà provare di aver subito un danno, ovvero un peggioramento dello standard qualitativo della vita, tramite documenti e testimonianze, ma il giudice potrà utilizzare anche nozioni di comune esperienza e presunzioni (Florio 2009).
La previsione normativa del delitto di atti persecutori ha avuto dei risvolti anche nell’ambito del diritto di famiglia e minorile. La tendenza da parte di un consorte rancoroso di attribuire all’altro falsi atti di stalking sta sostituendo la prassi dell’accusa di molestia del partner da parte del marito/della moglie o dell’abuso di uno dei genitori sulla prole.
La parte che intenta l’azione legale cerca in ogni modo di screditare la controparte con racconti non su molestie subite o su abusi perpetrati a danno dei figli, come avveniva spesso in passato, ma su atti stalkizzanti patiti e ciò al fine di avere il divorzio o di indurre l’organo giudicante a addebitare la separazione al presunto stalker oppure per ottenere l’affidamento dei figli in quanto persona non molesta nella coppia e quindi più idonea ad occuparsi di loro (Cruciani 2008).
In alcuni casi la difesa giudiziale viene utilizzata come uno strumento per mettere in atto un vero e proprio stalking giudiziario in presenza di un forte conflitto tra gli ex coniugi che a volte è alimentato ad arte e vede alcuni difensori protagonisti o registi di azioni legali del tutto infondate e temerarie che hanno l’unico scopo di arrecare situazioni di disagio nei confronti dell’ex del proprio assistito o della propria assistita (Gassani, Mastronardi 2009).
Legge e avvocati diventano così inconsapevoli o consapevoli strumenti di persecuzione usati da chi cerca di mettere in pratica una serie di tattiche di disturbo nei confronti dell’ex partner che si trova a dover subire un eccessivo controllo delle spese, la pretesa di resoconti dettagliati, la puntigliosità nei programmi di visita dei figli, cambi improvvisi di programmi sempre relativi ai figli, il rifiuto di qualsiasi contatto verbale pretendendo ed effettuando comunicazioni scritte tramite gli avvocati anche per banali decisioni di routine, ricorsi di ogni tipo per mutamenti delle condizioni, attacchi trasversali ai nuovi partners e strumentalizzazione di ogni tipo dei figli.
Un’ipotesi specifica è poi quella prevista dall’art. 572 del codice penale, contenuto nel Libro II Dei Delitti in particolare, Titolo XI Dei Delitti contro la Famiglia, Capo IV Dei Delitti contro l’Assistenza Familiare, sui maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli. Questo reato, per cui è prevista la procedibilità d’ufficio e la pena della reclusione da uno a cinque anni, si realizza ogni volta che lo stalker, agendo contro una persona della famiglia, la maltratta in modo continuativo, con ingiurie, umiliazioni, percosse e piccole violenze quotidiane. Nel caso in cui lo stalker sia una persona convivente, nelle ipotesi di reati meno gravi, è possibile, in sede civile, ottenere un ordine di protezione, ovvero, il giudice ordina al molestatore la cessazione della condotta pregiudizievole, l’allontanamento dalla casa familiare, potendo prescrivergli altresì di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima (artt. 342 bis e ter c.c. codice civile Ordini di protezione contro gli abusi familiari e Contenuto degli ordini di protezione); (Zanasi, 2002; Forum Associazione Donne Giuriste; 2009).
I casi meno gravi di stalking sono riconducibili alla contravvenzione di molestia o disturbo alle persone prevista dall’art. 660 c.p. contenuto nel Libro III Delle Contravvenzioni, in particolare, Titolo I Delle Contravvenzioni di Polizia, Capo I Delle Contravvenzioni concernenti la Polizia di Sicurezza, Sezione I Delle Contravvenzioni concernenti l’Ordine Pubblico e la Tranquillità Pubblica: “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”. La contravvenzione sussiste, per esempio, nel caso in cui il molestatore telefoni insistentemente alla sua vittima, o la segua per strada, importunandola con parole insulse, ma non offensive. È importante sottolineare che questo reato, si realizza anche con una sola azione di disturbo o molestia e quindi la vittima può sporgere denuncia-querela, entro tre mesi dal verificarsi del fatto, anche nel caso in cui l’atteggiamento molesto sia isolato ad un singolo episodio. I termini di prescrizione della contravvenzione di molesta o disturbo alle persone maturano in quattro anni con il limite ordinario e in sei anni con il limite ordinario finale in presenza di atti interruttivi.
Poiché non codificate, sono tante e di diverso genere, le condotte che possono integrare gli estremi del nuovo reato di “Atti Persecutori” e molte le figure di reato che lo stalker può porre in essere ai danni della propria vittima: l’ingiuria (art. 594 c.p.), la diffamazione (art. 595 c.p.) la violazione di domicilio (art. 614 c.p.), il danneggiamento (art. 635 c.p.), le lesioni personali (art. 582 c.p.) fino ad arrivare all’omicidio (art. 575 c.p.).
Fino all’introduzione dell’art. 612 bis codice penale la norma italiana più vicina alla definizione di stalking era proprio l’art. 660 del codice penale.
Lo stalking, dapprima una contravvenzione concernente l’ordine pubblico e la tranquillità pubblica, ora un delitto contro la libertà morale e ciò rappresenta, per il nostro Stato, un grosso progresso sociale e denota un enorme senso di civiltà, oltreché di tutela della sicurezza individuale e collettiva.