La donna autrice di abuso sessuale. Percorsi di intervento e di prevenzione.

 In ScienzeForensi, N. 1 - marzo 2013, Anno 4

La società è satura di pregiudizi e di luoghi comuni e ciò favorisce false credenze che influenzano atteggiamenti e comportamenti. La donna, essendo percepita come passiva, pura, dolce e debole dell’umanità, è automaticamente allontanata da atteggiamenti violenti, aggressivi, cattivi o perversi. La sessualità femminile, infatti, è sempre stata intesa come “risposta passiva” al “richiamo del corteggiamento maschile”. Immaginare che una donna possa essere sessualmente “attiva”, sia per quanto riguarda i desideri e le fantasie, che i comportamenti agiti, rappresenta una sorta di “tabù” con il quale, ancora oggi, ci confrontiamo. Riconoscere l’esistenza di “perversioni sessuali” femminili appare alquanto difficile e fuori dalla “coscienza”, anche se non impossibile come ha egregiamente evidenziato L.J. Kaplan (1991) nella narrazione delle fantasie di Madame Bovary. Infatti, fino a non molto tempo fa, parlando del fenomeno dell’abuso sessuale sui minori, si dava per scontato che l’autore fosse un uomo; adesso si sta facendo largo, grazie ai risultati di studi e ricerche, l’idea che violenze e abusi sessuali a danno di bambini possano essere agiti anche da donne. Tuttavia, i tassi di prevalenza di questo fenomeno sono piuttosto eterogenei e cambiano da uno studio all’altro. Bumby & Bumby (1997) riportano percentuali che variano dal 2% al 78%. Da un’indagine sui racconti delle vittime si evince che tra il 14% e il 24% dei casi in cui la vittima è un maschio e tra il 6% e il 14% dei casi in cui è una femmina, l’abuso è stato compiuto da una donna (Green 1999) Denov (2003) constata che, sebbene i dati ufficiali suggeriscano tassi di prevalenza che vanno dal 1,8% al 8%, i dati provenienti da questionari self-report aumentano le stime fino ad arrivare al 58%. Cortoni et col. (2009), in accordo con altri ricercatori (Bunting, 2005; Sandler & Freeman, 2007) hanno concluso che le donne sono responsabili del 4-5% di tutti i reati sessuali e che il rapporto tra sexual offenders maschi e femmine è approssimativamente di 1:20. I dati più recenti provenienti dal Regno Unito mostrano che su 12.268 chiamanti ad un servizio di assistenza riservato ai bambini con disagio o in pericolo (ChildLine) che hanno riferito di essere vittime di abusi sessuali, il 6% delle femmine e il 36% dei maschi, ha individuato una donna come colpevole, per un totale del 17% (NSPCC, 2009) I tassi di prevalenza delle donne che commettono reati sessuali riportati da Muskens et col. (2011) sono del 1,7%, anche Grattagliano et col. (2012) affermano che le donne sono responsabili solo di una piccola percentuale di reati sessuali contro i bambini e che gli uomini restano gli autori più comuni degli abusi sessuali sui minori. I dati emergenti dalle ricerche, tuttavia, hanno portato ad un aumentato riconoscimento del fatto che le donne possano svolgere un ruolo attivo nell’abuso sessuale, dimensione, fino a poco tempo fa, negata.

 

Il profilo della donna autrice di abuso

Storicamente, i crimini violenti o i reati sessuali che coinvolgono colpevoli di sesso femminile sono spesso percepiti dalla società come straordinariamente clamorosi e le donne criminali sono spesso etichettate come irrazionali e patologiche, ad esempio, affette da una malattia mentale, con una socializzazione povera, costrette da pressioni domestiche, o provenienti da una famiglia distrutta (Wilczynski,1991). Da ciò risulta che la società percepisce le donne abusanti come “pazze” o “cattive”. Confrontando lo studio di Vandiver e Kercher (2004) con il successivo e più completo studio di Sandler & Freeman (2007), che analizza tutte le 390 autrici di reati sessuali registrate nello stato di New York, emerge il profilo della predatrice sessuale, che risulta essere una donna caucasica con un’età compresa tra i 26 e i 36 anni, le cui vittime hanno meno di 12 anni; più di un terzo di queste risulta sposata e la maggior parte sembra essersi sposata per fuggire dalla casa di famiglia (Wijkman et al, 20110; Tsopelas et al, 2011). Riguardo ai livelli di QI gli studi riportano risultati contrastanti, mentre Bumby & Bumby (1997) e Mc Carty (1986) riportano livelli che vanno da 95 a 100, altri descrivono le sex offenders come una popolazione con bassa intelligenza e con performance scolastiche sostanzialmente basse (Matthews et al.,1991; Travi et al., 1990) Inoltre più del 40% delle donne autrici di reati sessuali sembrano essere disoccupate, o sembrano avere una storia lavorativa instabile, e questo sembra essere il risultato della scarsa educazione ricevuta (Faller, 1987; Green, 1999).

Un’altra caratteristica distintiva di queste donne sembrano essere i problemi di abuso di alcol e/o sostanze, secondo Kraanen & Emmelkamp (2011) la categoria sex offenders ha una storia di abuso di sostanze, di cui un quarto ha problemi con l’alcol, mentre un quinto ha problemi di abuso di droga; inoltre questi ricercatori concludono che i sex offender fanno maggior uso e abuso di alcol, rispetto a chi non agisce reati di tipo sessuale.

In un recente studio Wijkman et al. (2010) hanno analizzato le caratteristiche delle donne che commettono reati sessuali, le caratteristiche dei reati e delle vittime e hanno concluso che molto frequentemente queste donne commettono i reati sessuali insieme ad un compagno. Questi, è solitamente l’autore concreto dell’abuso vero e proprio, che in questo caso comporta più spesso la penetrazione, relegando la donna ad una posizione di complice/spettatrice più o meno attiva. Sembra che gli aggressori sessuali uomini scelgano le loro complici donne per il loro minore livello intellettivo, per i disturbi mentali che le affliggono e per la possibilità di accesso ai bambini, che spesso sono i loro stessi figli oppure bambini affidati alle loro cure, comunque raramente sconosciuti. Sembra che i reati sessuali commessi da queste donne siano il culmine di una serie di problemi: un’infanzia di abusi sessuali, maltrattamenti, trascuratezza e problemi mentali. Da uno studio di Strickland (2008) sembra emergere che le donne che hanno commesso reati sessuali hanno subito complessivamente un trauma peggiore da bambine, così come maggiori abusi fisici, emotivi e sessuali, e maggior abbandono fisico, rispetto alle donne che hanno commesso reati di natura non sessuale. La severità di questi traumi e abusi infantili subiti causerebbe, in queste donne, la mancanza delle abilità necessarie per negoziare i loro contatti sociali e sessuali: <<valori sessuali distorti, convinzioni e conoscenze, unitamente a bisogni emotivi e problemi di dipendenza, aumentano il loro rischio di impegnarsi in relazioni disfunzionali. Esse mancano delle abilità necessarie per soddisfare i loro bisogni emotivi e sessuali con partners appropriati, cioè adulti sani e consenzienti. Questa incapacità aumenta il rischio di soddisfare i loro desideri sessuali attraverso i bambini”. (Strickland, 2008, pp. 482)

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