Gender-Genere. Chi vuole negare la differenza maschio-femmina?
Quando si ha a che fare con la parola genere possono emergere fin da subito offuscate reminiscenze scolastiche, di quando, una volta, ancora ragazzi gli insegnanti spiegavano la classica e tradizionale ripartizione, propria delle scienze naturali, tra genere e specie, tra genere e sesso.
Al di là, però, dei ricordi scolastici, il concetto di genere oggi ha assunto connotati molto rilevanti e significativi tanto nella vita politica, istituzionale, quanto nella moda o nella quotidianità più stringente.
È dell’estate scorsa la notizia per cui da questo 1° novembre in Germania sarà possibile, per i genitori, registrare i nascituri come neutri, cioè come non appartenenti né al sesso maschile, né a quello femminile [1]. L’argomento, quindi, per la sua pregnanza e influenza sulla vita sociale e personale, è tanto pervasivo quanto impellente. Per questo non privo di dibattito e schieramento, che vede coinvolti, tra le correnti contrapposte, anche vari autori. Tra questi troviamo “Gender-Genere. Chi vuole negare la differenza maschio-femmina? L’alleanza tra femminismo e Chiesa cattolica”, di Giulia Galeotti, che fin dal titolo avvicina la parola “genere “ a “gender”. Non per giocare sui termini od ossequiare la lingua inglese, ma per introdurre, a suo avviso, una doverosa ‑ e da pochi tentata ‑ operazione di trasparenza e chiarificazione volta a sbrogliare e dipanare luoghi comuni, false credenze o lacune conoscitive sul tema.
La teoria del Gender ha, secondo l’Autrice, introdotto un vero e proprio neolinguaggio che ha determinato, in modo lento, graduale ma pervasivo, una vera e propria rivoluzione grammaticale prima, concettuale poi. Motivo per cui già dal primo capitolo viene delineata una precisazione linguistico-terminologica illustrando dettagliatamente le interconnessioni tra manipolazione del linguaggio e sotteso totalitarismo ideologico.
Se oggi, spiega il testo, il termine genere sta ad indicare «l’insieme degli elementi culturali che le diverse società e le differenti epoche storiche attribuiscono alle donne e agli uomini» (p.11), il tutto a prescindere dai connotati biologico-naturali oramai irrilevanti, questo è stato possibile perché fin dalla nascita della teoria del Gender (inizi del XX secolo) fu operato un’elegante operazione linguistico/formale. Non più sex, ma gender, ovvero non più rilievo al sesso, bensì al genere. «Tutta l’operazione è stata determinata da una precisa scelta teorica, filosofica ed ideologica, volta a negare la differenza naturale tra uomini e donne», scelta teorica connaturata fin da principio da una massiccia dose di ambiguità. «Nessuno, infatti – continua l’Autrice – ha avvertito il bisogno di spiegare perché fosse necessario sostituire una terminologia chiara con qualcosa di equivoco, di oscuro, come se la ragione di questo cambiamento di linguaggio fosse nota a tutti» (p.12).
Il libro scorre in modo agevole: è un testo breve e intenso, appassionato, comprensibile e nello stesso tempo rigorosamente scientifico sostenuto da una forma dicotomica dell’incedere narrativo volta a far comprendere, al lettore, come la sostituzione della parola “sesso” con la parola “genere”, non sia stata introdotta per intenzioni raffinate o eleganti, ma per una ragione “dottrinale” politica ben precisa: la teorizzazione della priorità del genere sul sesso, della volontà sulla natura.
Premesse che inducono a ritenere, spiega la Galeotti, che ogni individuo possa scegliere la sua identità di genere a prescindere dalla sessualità del proprio corpo; ritenendo che ogni “orientamento sessuale” sia possibile senza alcuna ripercussione di natura conflittuale, psicosomatica o dicotomica sull’individuo. Insomma, lo scivolamento inevitabile nella direzione della neutralità sessuale, secondo cui la natura è irrilevante: ciò che conta è come ci “sentiamo” e soprattutto come “vogliamo” essere.
In una sorta di auto-determinazione biologica, come creta nelle proprie mani, i corpi si trasformano a piacimento poiché, stando alla teoria del Gender l’identità sessuale dell’uomo e della donna non sono il prodotto di una differenza biologica, ma il frutto di cultura, costruzione sociale e rigida determinazione dei ruoli: femminilità e mascolinità sono, quindi, meri prodotti storico-culturali e sociali, variabili e perciò non assolutizzabili. Anzi, è proprio la rigida costruzione sociale che ha provocato la disuguaglianza fra i sessi e la conseguente costrizione della donna in un ruolo emarginato e subalterno. Necessario, quindi, smantellare tale “stortura”, passando attraverso la cancellazione della differenza sessuale, per arrivare alla tanto anelata polimorfa indifferenziazione sessuale.
La Galeotti, dopo aver individuato nel movimento Femminista del 1900 la madre filosofico-ideologica della teoria del Gender (p.15), nel cap. III, sottolinea gli sforzi fatti, dal movimento, per predisporre un fondamento scientifico a tutto l’impianto teorico/ideologico.
Prioritario, in questo senso, fu il contributo reso dal medico statunitense John Money, ideatore nel 1965 di una Clinica per l’Identità di Genere, nella quale si effettuavano vere e proprie sperimentazioni chirurgiche su pazienti con sintomi transessuali. Il suo lavoro, raccolto nel libro, Uomo, donna, ragazzo, ragazza (1972), all’epoca diventato testo universitario, sviluppò e rese popolare la teoria interazionista, sostenendo che, dopo una certa età, l’identità di genere è relativamente fluida e soggetta a costanti aggiustamenti. Teoria, anzi pretesa scientifica ben presto smentita proprio da uno dei suo pazienti David/Brenda Reimer. Storia, quella di David Reimer, che l’Autrice riporta, insieme ad altri contributi di autorevoli psicologi e medici, quale conferma della assoluta infondatezza scientifica della teoria Gender e di come sia possibile “su basi empiriche e scientifiche, affermare che la differenza sessuale esiste in natura, e che non è invece frutto di una fittizia e arbitraria costruzione culturale” (p.46, cap IV).
Fallita la via della scientificità e incassata la sconfitta – prosegue l’Autrice ‑ i sostenitori del Gender hanno pensato bene di operare una sagace modifica di strategia: si chiama in causa non più la natura ma la giurisdizione. Si da il via, quindi, ad un processo che vede la costruzione legale del termine Gender. L’uomo al di là della sua natura, o meglio, del sesso inteso come mero organo funzionale, può psicologicamente assumere l’identità sessuale che meglio gli aggrada.
Il tutto, secondo la Galeotti, passando per una ulteriore manipolazione: quella di modificare la definizione di uguaglianza.
Il libro esamina, a partire dalla metà degli anni 1980, come il “movimento” Gender, cambia strategia: adesso la parola d’ordine è quella di introdurre il concetto Gender nei programmi e nei testi legislativi di tutte le istituzioni, nazionali ed internazionali, con puntigliosità, e rigorosità. L’Autrice realizza un attento excursus su come, sia stato inserita la definizione Gender e con quale valenza, all’interno delle varie Agende, Commissioni e Conferenze di ONU, piuttosto che dell’Organizzazione Mondiale della sanità (WHO) fino a giungere all’Unione Europea.
Per la Galeotti, i contenuti di tale operazione sono sempre gli stessi: in nome di un’ambita e legittima eguaglianza sostanziale e formale, si tenta di creare un futuro che preveda “l’evoluzione dell’essere umano verso il genere, una nuova entità biologica che non sarà più né maschio né femmina, ma un essere perfetto dove tutti i dualismi saranno scomparsi” (p.54, cap. V). Interpretabile, da alcuni, come l’avvento dell’androgino e di un modo di concepire l’uomo come una realtà pan sessuale, legata a ciò che ognuno sente nel profondo come esperienza meramente interna ed puramente individuale.
Aprendo il dibattito tra chi intravede la possibilità, attraverso il movimento Gender, di affrancarsi dal giogo della diversità “sessista”; e chi, invece avverte il pericolo di demolire, con esiti infausti, il pilastro “naturale” della vita e della storia dell’essere Umano: quella differenza/complementarità Uomo/Donna che ha permesso nei millenni di preservarne la specie ed espandersi sul pianeta.
In questo dibattito e contro la teoria del Gender si inseriscono da un lato il femminismo delle differenze, dall’altro la Chiesa cattolica. Entrambe interessate a ribadire la differenza fra i sessi e a contestare le teorie del genere, sostenendo che la differenza femminile contenga una ricchezza che non contrasta con l’eguaglianza ma la potenzia e la arricchisce.
Ai lettori l’Autrice lascia la possibilità di farsi interrogare da un tema di così grande attualità e importanza. Del resto – come spiega la Galeotti ‑ contestare la teoria del Gender non significa chiudere gli occhi sulle effettive aporie e disuguaglianze esistenti tra donne ed uomini, anzi, tra maschi e femmine. Non occorre superare il dato biologico per garantire l’uguaglianza, ma ristabilire il vero significato di uguaglianza, per cui è necessario riconoscere che “uguali gli esseri umani non lo sono affatto. Non lo sono per razza, per cultura, per condizioni economiche, e non lo sono per natura. Sarà dunque proprio e nella misura in cui l’esistenza della differenza sarà effettivamente riconosciuta e considerata che si potrà realmente dare a tutti, allo stesso modo e in pari grado, piena dignità e uguali diritti” (p. 88, cap.VII).
Con queste ed altre considerazioni il lettore potrà confrontarsi, farsi provocare e misurare il proprio livello di convincimento su quanto ritenga significativo e/o condizionante il termine genere con tutto quello che esso comporta.
[1] http://www.internazionale.it/news/germania/2013/08/19/la-germania-riconosce-il-terzo-sesso/