Differenze di ruolo e funzioni tra CTU e mediatore familiare
La coppia genitoriale sceglie, invece, il centro di mediazione familiare a cui rivolgersi. Si effettua una telefonata in modo che, al momento della chiamata, il centro compili, una scheda telefonica che servirà allo staff per raccogliere dati di ordine generale (chi chiama, nomi, indirizzi, esistenza figli, età dei figli etc) e di ordine più specifico (qual è la posizione legale: separati, in via di separazione, divorziati, quale tipo di separazione hanno scelto i coniugi, qual è la qualità del conflitto). Concluse tali operazioni preliminari si fisserà, qualora lo si ritenga opportuno, un incontro con la coppia. Può accadere, infatti, che talvolta sia uno dei separandi a chiamare di propria iniziativa e che palesi la propria incertezza sulla disponibilità dell’altro. In questi casi, se vi sono gli estremi, il centro può insistere affinché il chiamante convinca l’altro, dichiarando la propria disponibilità ad attendere (senza però assume alcuna iniziativa nel contattare o sollecitare una persona che rifiuti l’incontro). Avviare un processo di mediazione familiare con una coppia non collaborativa è una scelta molto rischiosa, in quanto passibile di fallimento e conseguente esasperazione del conflitto tra i genitori.
Esistono, al contrario della CTU, alcune “controindicazioni” alla mediazione familiare. Le coppie, con una scarsa motivazione e con un’alta conflittualità, che perseguono l’obiettivo di farsi reciprocamente la guerra per stabilire vincitori e vinti, non sono, in genere, coppie mediabili. In queste coppie, il conflitto assume delle finalità specifiche che possono essere così riassumibili:
ü Proprio attraverso la discordia i due genitori continuano a rimanere vincolati l’uno all’altro e rimangono uniti grazie a quel “legame disperante” (Cigoli, 1988): pur nel contesto della separazione coniugale, i due ex coniugi non smettono di sperare nel cambiamento dell’altro. E proprio tale speranza impedisce loro di accedere ad una separazione emotiva.
ü Il conflitto è centrato sul possesso totale ed esclusivo dei figli: un genitore al fine di eliminare l’altro e tutta la sua famiglia, non permette l’accesso ad accordi relativi alla condivisione della genitorialità. Sempre Cigoli, (1988) definisce questo tipo di famiglie “scismatiche”.
ü Il conflitto ha determinato il disinteresse pressoché totale di uno dei due genitori nei confronti dei figli.
Il mandato del CTU e del Mediatore Familiare
Nella CTU il Giudice pone al consulente un quesito, che serve ad indirizzare e limitare l’attività del CTU, secondo quelle che il Giudice ritiene essere le esigenze processuali. Ad esempio: «Dica il CTU, esaminati gli atti e i documenti di causa, esperite le operazioni ritenute necessarie, quale sia la situazione di vita attuale del minore, quali siano le migliori modalità di rapporto tra genitori e figli e in particolare aiuti il progredire ed il miglioramento dei rapporti padre-figlio…». In questo caso, il Giudice chiede al CTU una valutazione del benessere del minore, una consulenza sulle modalità di affidamento e delle visite, ma anche sulla gestione del rapporto tra i genitori, con indicazione specifica delle strategie che i soggetti possono intraprendere per migliorare i rapporti e trovare un nuovo equilibrio familiare.
Il Consulente dovrà rispondere attraverso una relazione scritta entro i termini fissati dal Giudice (dai 30 ai 90 giorni). Essi potranno essere prorogati su richiesta del CTU, in relazione ad ulteriori verifiche da svolgere o a specifiche attività di monitoraggio della situazione familiare, sulla base di un calendario delle operazioni peritali determinato dallo stesso.
Nella Mediazione Familiare, invece, non è necessario che si stabiliscano delle precise sequenze del processo mediatorio. Alcuni mediatori, in realtà, predispongono un “documento”, una specie di contratto iniziale, che sarà firmato da entrambe le parti, e specificante il progetto da perseguire nella coppia in mediazione. Il percorso si svolge attraverso una serie di incontri, da otto ad un massimo di dieci, distanziati tra loro di due settimane circa.
Il colloquio nella CTU e nella Mediazione Familiare
Il colloquio è il mezzo principe a disposizione del CTU per raccogliere informazioni. Consente, infatti, di stabilire un rapporto con la famiglia e di giungere ad una conoscenza delle problematiche interne a tale nucleo.
Durante una consulenza tecnica in tema di affidamento di minori, il consulente avrà ben presente che un colloquio imposto dal giudice potrà presentare possibili resistenze consce/inconsce e anche la tendenza dei coniugi a rappresentare una realtà dei fatti che sia quanto più possibile coincidente con la linea processuale assunta, ma che non per questo coincidente con la realtà.
Il Consulente effettuerà colloqui (singoli e/o congiunti) sia con il genitore, sia con il minore e le figure di attaccamento più significative nella sua vita. L’obiettivo diagnostico sarà quello di riferire la struttura iniziale delle relazioni familiari, la loro evoluzione, la dinamica del processo di sfaldamento del nucleo familiare ed anche di prevedere la strutturazione che le relazioni interpersonali assumeranno, una volta stabilito un nuovo equilibrio con lo scioglimento del nucleo familiare e l’affidamento dei figli. Potrà, inoltre, utilizzare i reattivi psicodiagnostici per integrare le sue valutazioni.