Comportamenti aggressivi nell’esordio psicotico

 In Psico&Patologie, Anno 3, N. 4 - dicembre 2012

Recentemente, è stato osservato che quasi la metà degli omicidi commessi da individui con psicosi si verifica prima del trattamento, suggerendo come un aumentato rischio di omicidio sia presente all’esordio, E. P.

Alcuni studiosi australiani (Nielssen O, Large M., 2010) hanno condotto una ricerca sistematica, su dati di dieci diversi studi su omicidi commessi da pazienti psicotici, nel tentativo di stimare il tasso di omicidi nel corso del primo episodio di psicosi e dopo il trattamento. È emerso che il 38,5% degli omicidi si sono verificati durante il primo episodio di psicosi, in altre parole, prima del trattamento iniziale.

Il tasso di omicidi, in questa fase, in altre parole, sembrerebbe essere più elevato di quanto si ritenesse in precedenza (Nielssen O, Large M., 2010), in genere all’interno dell’ambiente familiare.

Nell’ambito della malattia sono stati, per altro, individuati fattori di rischio indipendenti per la violenza, come lo stesso abuso di sostanze, ma anche aver subito violenza, non avere fissa dimora e non aver avuto cure adeguate. In ogni caso, sembrerebbe che in queste persone l’aggressività è la risultante di più fattori che agiscono in diversi ambiti della personalità.

Un importante correlato del comportamento violento è rappresentato dall’impulsività (Bowman ML et al, 1997; Plutchik R et al, 1989; Hynan D et al, 1986 ) tanto che Barratt et al. (Barratt ES, 1991) hanno distinto due diversi tipi di aggressività: l’aggressività impulsiva e l’aggressività premeditata, descrivendo la prima come una «reazione da grilletto ipersensibile» (Barratt ES et al, 1999) alla provocazione che conduce all’agitazione e ad una risposta aggressiva sproporzionata e la seconda come caratterizzata da una scarsa risposta emozionale e dalla presenza di atti aggressivi effettuati «a sangue freddo» (Barratt ES et al, 1999). Tale distinzione risulta interessante dal punto di vista clinico, in quanto gli individui con una predisposizione all’aggressività impulsiva sembrano rispondere in maniera diversa al trattamento farmacologico rispetto ad individui con aggressività premeditata, fornendo una miglior risposta terapeutica se trattati con farmaci anticonvulsivanti (Barratt ES et al, 1997). Alcuni studiosi (Blair RJ, Cipollotti L et al, 2000) hanno proposto un modello cognitivo in cui i costrutti comportamentali di aggressività e impulsività vengono interpretati come un fallimento nel riconoscimento delle regole e delle conoscenze su cui si basa la cognizione sociale.

Le competenze che caratterizzano la cognizione sociale sono rappresentate dalla capacità di comprendere intenzione o pensieri altrui, ovvero la meta-cognizione (Frith CD et al, 1996) dal riconoscimento di emozioni su volti umani (Johnston PJ et al, 2006); dalla comprensione di concetti sociali, dall’acquisizione della capacità di problem-solving; dalla capacità di formulare giudizi di natura morale e da quella di mantenere adeguate relazioni interpersonali (Sullivan RJ et al, 1999).

La compromissione nel funzionamento sociale di persone affette da schizofrenia, in altre parole, è associata ad un deficit nella cognizione sociale tanto da ritenere che tale danno sia l’aspetto centrale del disturbo schizofrenico (Brüne M, 2005).

Recentemente, Di Giannantonio e collaboratori (Di Giannantonio et al, 2006) hanno evidenziato nel loro studio che pazienti affetti da psicosi, caratterizzati da comportamenti aggressivi all’ingresso in un reparto psichiatrico, una volta distinti in relazione a diversi livelli di impulsività, mostrano distinti pattern comportamentali, neurocognitivi e di cognizione sociale. Se tali pazienti non si differenziano nella gravità sintomatologica alla valutazione iniziale, presentano un diverso decorso: il decorso risulta migliore per i pazienti con un basso livello di impulsività. Risulta, dunque, una forte associazione tra la presenza e la gravità della sintomatologia psicotica e le dimensioni dell’aggressività e dell’impulsività (Steinert T et al, 2000; McNiel DE et al, 2003; Nolan KA et al, 2005): ovvero i soggetti con elevata impulsività mostrano deficit neurocognitivi multipli, con scarsa flessibilità cognitiva e scarsa capacità di pianificazione ed apprendimento verbale (Barkataki I et al, 2005).

Un’indagine più accurata delle componenti biologiche e psicosociali alla base dell’aggressività all’interno della psicosi non solo migliorerebbe la nostra comprensione della psicopatologia alla base del disturbo stesso, ma potrebbe anche portare a misure di prevenzione più efficaci anche in relazione ai comportamenti aggressivi e violenti.

 

Dalla crisi psicotica al ricovero

La psicosi come compromissione della capacità di interpretare, in maniera adeguata, la realtà, può, in altre parole, interferire sulla qualità di vita di un individuo, sia in maniera invasiva che invalidante, con la conseguente ed inevitabile difficoltà nel gestire le proprie emozioni, i propri comportamenti e, più in generale, le relazioni interpersonali.

Gli stressor ambientali, sicuramente, tendono ad influire ed a contribuire all’insorgenza della sintomatologia psicotica. È possibile, a tal proposito, riscontrare la presenza di numerosi casi di giovani ragazzi o ragazze con una assidua storia di uso e/o abuso di sostanze, come ad esempio cannabinoidi e cocaina, o alcol.

I giovani ragazzi, in genere, giungono al servizio pubblico, per un ricovero ospedaliero, dopo aver messo in atto comportamenti aggressivi o violenti, auto o etero-diretti.

Data la giovane età dei ragazzi e la sintomatologia manifestata al momento del primo ricovero, si ipotizza un esordio psicopatologico, mediante una manifestazione di un agito di natura violenta. La patologia psicotica, di fatto, sembrerebbe essere iniziata molto prima del periodo del primo ricovero, in una fase prodromica, con la presenza di sintomi attenuati con cambiamenti comportamentali e con un progressivo ritiro dalle relazioni interpersonali e sociali.

Dopo un iniziale interpretazione distorta della realtà ed un ritiro lento e graduale, il giovane incomincia ad avere convinzioni sempre più marcate rispetto alla realtà esterna e/o interna, leggendo il mondo che lo circonda in maniera distorta.

Sopraffatto dall’angoscia psicotica, il giovane a volte ricerca un’evasione nell’uso di sostanze e di alcol, inoltre, pur mantenendo periodi più o meno stabili di delirio, può manifestare, ciclicamente, periodi di improvviso calo del tono dell’umore, con abulia, astenia e propositi suicidari e para-suicidari. Il delirio tende ad invadere il vissuto esperienziale ed esistenziale del giovane, con un possibile decadimento a livello generale sia dal punto di vista fisico che psicologico.

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