La Bellezza
Kalokagathìa (καλοκαγαθία), azione dell’uomo volta al Bene, valutata come ideale di perfezione fisica e morale: ciò che è bello non può che essere buono e ciò che è buono è necessariamente bello, da qui il significato di kalòs kai agathòs, ovvero “Bello” e “Buono[1]”. Per i greci, quindi, ciò che è bello non riguarda solo l’aspetto sensibile, ma anche la bellezza connessa al comportamento morale che deve essere buono. “Bello” e “Buono” è perciò il “valoroso in guerra”, colui che è in “possesso di tutte le virtù[2]”. Fin qui la raffigurazione della bellezza nella cultura greca arcaica concepita come un valore assoluto donato dagli dei all’uomo, imprescindibile quindi il suo ricoprire ogni aspetto dell’essere umano: dal modo di pensare, al modo di essere, al modo di comportarsi, fino all’estetica.
Nella visione platonica la suprema bellezza coincide sempre con la perfetta bontà, modalità di essere che spinge gli uomini, la società intera, a imitare colui che si eleva per il suo comportamento etico/morale. Infatti, Platone con il termine kalokagathia distingue il sapiente dalla massa incolta: «Chi si dedica alla ricerca scientifica o a qualche altra intensa attività intellettuale, bisogna che anche al corpo dia il suo movimento, praticando la ginnastica, mentre chi si dedica con cura a plasmare il corpo, bisogna che fornisca in compenso all’anima i suoi movimenti, ricorrendo alla musica e a tutto ciò che riguarda la filosofia, se vuole essere definito, giustamente e a buon diritto, sia bello sia buono[3]». Certamente, un uomo scelto per rappresentare il popolo non poteva che essere “Bello e Buono”, significato che oggi possiamo tradurre con i termini “nobiltà e onestà”, nel tentativo di avvicinarci alla profondità del concetto greco di kalokagathia.
Il concetto di “bellezza” oltre ad essere considerato una qualità interiore è anche strettamente collegato all’armonia, all’ordine, alla giusta misura. Grazia e proporzione rendono un corpo bello. Da qui il concetto di estetica, dal greco αἴσϑησις, «sensazione», «percezione», «capacità di sentire», «sensibilità[4]»: un’esperienza dei sensi, che provoca emozioni.
La bellezza, nella sua oggettività intrinseca, risente del tempo e della cultura, poiché implica che essa susciti nell’osservatore un’attrazione, un’affezione. Anche se risulta vero che non sempre è l’oggetto o il soggetto ad essere bello in sé, ma dipende da quello che esso stimola nella mente dell’osservatore, la definizione di concetti non oggettivi rende impossibile esaminare obiettivamente un argomento, senza l’influenza del senso e gusto personale. In definitiva possiamo sostenere che la bellezza pur possedendo alcune componenti soggettive può essere vagliata solo nella sua oggettività.
Per Burke (Burke 1991), la bellezza è quella qualità dei corpi capace di attrarre e destare amore. Persone, animali dotati di bellezza suscitano un senso di piacere nel guardarli, ispirano sentimenti di tenerezza e di affetto e, di conseguenza, destano il desiderio di entrare in rapporto con loro. La bellezza non è un prodotto della nostra ragione, poiché non ha alcun riferimento di utilità agendo meccanicamente sulla mente umana attraverso i sensi. Infatti, nel suo senso più profondo, essa è capace di generare una riflessione sul significato dell’esistenza umana all’interno del mondo naturale[5].
Questa bellezza collegata all’amore come desiderio di conoscenza, di assoluto, di incanto, pur risentendo dell’estetica dei corpi, è necessario che riconosca che l’aspetto esteriore è poca cosa rispetto alla bellezza dell’essere. La prima è apparenza, la seconda è verità del bello; poiché se il desiderio è acceso solo dal corpo, questo ben presto ne conoscerà il suo decadimento a detrimento dello stesso amore. Giacché anche l’amore nel suo “essere bello e essere buono”, seguendo il significato greco di kalòs kai agathòs, per principio ha necessità di responsabilità e di impegno durevole, ed è composto da scelte consapevoli, da azioni concrete.
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Barrotta P. (2015), Scienza e valori: Il bello, il buono, il vero, Armando Editore. ↑
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Abbagnano N. (1998), Dizionario di Filosofia, (a cura di Fornero G.), UTET. ↑
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Platone (2003), Timeo. Testo Greco a fronte (a cura di Fronterotta F.), BUR. ↑
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https://www.treccani.it/enciclopedia/estetica_%28Dizionario-di-filosofia%29/ ↑
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Burke E. (1991), Inchiesta sul bello e sul sublime, Aesthetica Edizioni. ↑
La copertina dell’editoriale è “The Angel” di Benjamin Victor. Ai sensi dell’Art. 70 comma 1-bis Legge 633/1941 sul diritto d’autore.