Cyberbullismo 2.0: una ricerca qualitativa del fenomeno

 In @buse, N. 4 - dicembre 2016, Anno 7

«Il computer non è un mezzo per stare al mondo, il mezzo ha creato il proprio mondo, nel quale si può entrare o non entrare. Quegli, che valica il confine e ne percorre le rotte, è perciò diviso tra mondo e sopra-mondo, fra terra e spazio telematico, tra luoghi e non-luogo. Si delineano problemi giuridici, gravi e inattesi […]. Il dove giuridico attende nuovi criteri[1]»

 

Tutto è a portata di mano, anzi di un click. Il web 2.0 è proprio questo, cioè l’elettrizzante sensazione che tutto sia possibile: possiamo liberare la nostra creatività, il nostro pensiero, condividere tutto ciò che vogliamo. Scordando che, il Web non dimentica, mai. Le infinite tracce lasciate dal nostro ‘postare’ resteranno lì, per sempre. A dimostrazione che l’uso delle nuove tecnologie comporta grandi possibilità, ma anche percorsi di rischio.

Denso è il dibattito nel mondo scientifico su come l’uso delle tecnologie stia cambiando il modo di approcciarsi all’Altro delle nuove generazioni e di come si sta modificando il loro modus agendi della componente emotiva, sempre più contrassegnata dell’aggressività: il fenomeno del bullismo così come tutte le fenomenologie devianti, messe in atto da minori, destano infatti una preoccupazione crescente. A questa va aggiunta l’apprensione di molti genitori davanti al ‘ritiro sociale’, che sempre più minori adottano per isolarsi dal mondo reale e rifugiarsi in quello virtuale. Necessaria, quindi si fa un’analisi delle peculiarità possedute dai comportamenti aggressivi online, elementi strettamente connessi alle caratteristica proprie del cyberspace, che possa rendere più preparati, coloro che sono chiamati ad educare.

Il Cyberbullismo

Strettamente correlato al bullismo, il cyberbullismo consiste in reiterati atteggiamenti e comportamenti finalizzati ad offendere, spaventare, umiliare la vittima tramite mezzi elettronici: sebbene meno diffuso del tradizionale bullismo offline, il bullismo online rappresenta un fenomeno che coinvolge sempre più minori[2]. L’agìto aggressivo tramite il Web è caratterizzato da:

  • un forte distanziamento tra aggressore e vittima, disparità di potere che allenta la competenza autoregolatoria e minimizza le responsabilità individuali (cd disimpegno morale[3]);
  • un forte controllo esercitato dall’individuo sullo spazio e sul tempo dell’aggressione dato che la dimensione spazio-temporale è letteralmente annullata nell’online, rispetto alla vita reale;
  • una differenza sostanziale dal bullismo offline, poiché il cyberbullismo può concretizzarsi non solo con persone conosciute ma anche con estranei;
  • un non quantificabile sommerso, giacché le vittime (minorenni) spesso non parlano della loro situazione ritenendo gli adulti non sufficientemente competenti rispetto al mondo delle comunicazioni elettroniche.

Le casistiche ci dicono che le tipologie di cyberbullismo consistono tanto in azioni di bullismo tradizionale riprese con cellulare e diffuse online, quanto in azioni di prepotenza informatica, alcune di queste definibili quali mere condotte socialmente riprovevoli quali ad esempio e l’esclusione (cd bannare) esercitata in modalità aggressiva e prepotente, il flaming (cd battaglie verbali di insulti), l’outing o rivelazione di dettagli personali comunicati in segreto e pubblicati online, fino ad arrivare al reato (civile) della violazione della privacy. Altre azioni, invece, raggiungono modalità che vanno a interessare l’area penale, tra queste: la violenza privata, le lesioni e le percosse aggravate, la minaccia grave, il furto e il danneggiamento aggravato. Senza dimenticare l’ingiuria e la diffamazione online, l’accesso abusivo al sistema informatico, i delitti di falso rispetto ad atti pubblici (es. falsificazione dei registri scolastici etc.). Infine si ricorda il delitto di sostituzione di persona (cd furto identità), l’estorsione (es. sex-estorsion), il cyberstalking, la rapina, come anche la produzione, cessione e detenzione di materiale pedopornografico, quando si tratta di foto o video di minori condivisi via social. Per arrivare alla violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo, finanche all’istigazione al suicidio.

La ricerca

Considerato quanto sopra brevemente esposto l’Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici (O.N.A.P.) ha realizzato in alcune scuole della Toscana sia un programma di formazione/informazione sul tema di Bullismo/Cyberbullismo, rivolti al personale docente, agli alunni e ai genitori, sia una ricerca che ha coinvolto 1.565 studenti dai 10 ai 19 anni, di 22 Istituti scolastici delle Province di Firenze e Pistoia. Sono stati interessati cinque Istituti di Scuola Primaria (sei classi quinte, per un totale di 145 studenti) e diciassette Istituti che comprendevano la Secondaria di Primo Grado (1.149 studenti, tra gli 11 ed i 14 anni) e la Secondaria di Secondo Grado (271 studenti, tra i 14 ed i 19 anni).

La metodologia didattica, diversamente modulata a seconda delle età degli studenti, ha previsto un incontro di due ore per classe, durante le quali un esperto O.N.A.P., al fine di agevolare la condivisione con e tra gli studenti, ha utilizzato laboratori, role playing, esposizione di case history e filmati a tema, allo scopo di suscitare negli studenti risposte non solo razionali, ma anche emotivo-affettive rispetto alle modalità di relazione e comunicazione online/offline. Oltre che indagarne i livelli di conoscenza del web, le competenze emotivo-affettive ed modelli di comportamento.

A ciascun studente è stato poi somministrato in aula, dall’esperto O.N.A.P., in compresenza dei docenti, un questionario a scelta multipla, costituito da 30 item, per i ragazzi delle Scuola Secondaria di Primo e secondo Grado, e 8 item per i bambini della Scuola Primaria. I questionari, in forma anonima, sono stati strutturati secondo l’età degli alunni: rispetto ai bambini della scuola primaria si è inteso esplorare, attraverso il sollecitamento delle emozioni, cosa pensassero del bullismo; per quanto concerne gli studenti più grandi, nel fine dei test rientrava anche l’esplorazione dei loro livelli di conoscenza del web rispetto ai rischi di navigazione.

Scuole Primarie: emozioni in ‘gioco’

Le emozioni ci formano e trasformano. Attraverso gli eventi della vita quotidiana esse ‘tinteggiano’ i nostri pensieri stimolando reazioni corporee. Tre i livelli del loro funzionamento: fisiologico, espressivo e relazionale, ed è nella relazione con l’altro che prende forma la competenza emotiva. E, senza dubbio dopo la Famiglia è la Scuola il luogo dove si realizzano e stabiliscono le più importanti relazioni capaci di ‘segnare emotivamente’ sia in senso positivo che non la percezione del valore del proprio Essere nel mondo.

Gli interventi, nelle classi, mediante una strategia didattica interattiva, sono stati veicolati attraverso il gioco. In questo caso lo scopo della ricerca è stato quello di verificare quale rapporto ci fosse tra la capacità di gestione della relazione con i pari e i fenomeni di bullismo e cyberbullismo. La metodologia è stata quindi strutturata secondo forme laboratoriali/esperienziali che permettesse l’introduzione dei concetti di abuso e bullismo, ponendo al centro l’Altro, anche mediante il ricordo delle esperienze pregresse con il loro portato emotivo.

I giochi utilizzati sono stati:

  • Riconoscimento emozioni: dare un nome alle emozioni, riconoscerne la forza reattiva così come la loro peculiare capacità di suscitare in chi le prova sentimenti intimi, personali dati dalla propria esperienza di vita.
  • Ciack si gira!: una coppia di bambini guidati dall’esperto O.N.A.P. simula una scenetta di vita quotidiana. Compito assegnato agli ‘spettatori’ è di descrivere le emozioni che suscita in loro quanto stanno vedendo e ascoltando. Attraverso il gioco, si vuole facilitare gli alunni a comunicare i propri stati d’animo guardando negli occhi l’altro.
  • Emoticons ed emozioni: l’esperto O.N.A.P. dopo aver disseminato nella stanza alcuni cartoncini raffiguranti le emoticons più in uso sui social, ha chiesto agli alunni di riconoscere le emozioni da esse manifestate. L’obiettivo è quello di far comprendere agli alunni quando sia diverso comunicare uno stato d’animo o un’emozione sul web rispetto alla vita reale. Infatti, la maggior parte della classe non ha riconosciuto le emozioni primarie corrispondenti alle emoticons.

Ha costituito elemento sostanziale delle attività svolte la somministrazione del Questionario Scosse Emotive, anello di congiunzione tra l’analisi delle emozioni realizzata nella prima parte del laboratorio e l’analisi del fenomeno del bullismo/cyberbullismo, svoltosi nella seconda parte dell’incontro. Il questionario, strutturato su 8 item, ognuno costituito da una mini storia di vita quotidiana prodromica a atti di bullismo e/o cyberbullismo. Attraverso le mini storie l’alunno viene incoraggiato a ‘leggere’, ed esprimere la sua opinione rispetto a quanto in esse narrato. Lo scopo è quello di suscitare una ‘reazione’ emotiva che comprenda l’immedesimazione del bambino nella storia narrata, ovvero: cosa proverei se io fossi in quella data situazione.

Dall’analisi dei risultati ottenuti dai questionari è emerso, per lo più, una inadeguata alfabetizzazione emotiva rispetto all’età dei bambini coinvolti. Incompetenza, che di riflesso si traduce in una non ben sviluppata capacità empatica, condizione che ostacola l’interazione con l’Altro e rende difficile una valutazione positiva delle conseguenze delle proprie azioni. Dato emerso anche dal fatto che nessuno dei bambini ha riconosciuto nei contesti presenti attraverso le mini storie gli atti di abuso. Ugualmente dicasi dei pericoli derivati dall’uso del web e di come attraverso questo mezzo si possa compiere atti lesivi verso terzi (es. il cyberbullismo) e come questi possano rientrare all’interno di comportamenti giuridicamente punibili.

Una strategia didattica interattiva ha comunque permesso di suscitare nei bambini interesse per il materiale esposto. Partecipazione che si è tradotta in curiosità e domande riguardo alla Rete, al fenomeno del cyberbullismo e delle sue conseguenze nella vita reale. In particolare l’esperto O.N.A.P. si è concentrato su cosa si intenda per abuso, il concetto del valore della persona, il significato di legame affettivo quale, ad esempio, quello dell’amicizia. In definitiva la possibilità di esplorare e riconoscere le proprie e l’altrui emozioni.

Scuole Secondarie di Primo e Secondo Grado: i risultati

La ricerca ha interessato 1.420 ragazzi degli Istituti Secondari di Primo e di Secondo Grado, ai quali è stato un somministrato un questionario di 30 gli item volti da approfondire cinque aree tematiche:

  • Accesso e usi: età del primo utilizzo, dove e con quali strumenti gli adolescenti usano internet;
  • Attività online: tipi di attività e tipologia di contenuti visualizzati online;
  • Comunicazione: le modalità comunicative dei ragazzi nativi digitali, la gestione dei contatti sui social network, le impostazioni di privacy e le piattaforme di social media communication;
  • Competenze: sicurezza e competenze nell’uso di internet e l’uso dei device più diffusi (smartphone, e-book reader, tablet PC etc.);
  • Rischi e danni: nozione di bullismo/cyberbullismo, contatti con sconosciuti e adescamento online, visione di contenuti inappropriati e altri rischi.

La lettura dei dati è stata eseguita riunendo le risposte, acquisite, secondo l’età e il sesso degli intervistati, comunque per una necessità di sintesi si è scelto, per quanto riguarda questo articolo, di far confluire i dati in due macro aree: una che riunisce assieme i dati degli alunni degli Istituti Secondari di Primo Grado e l’altra che raccoglie quelli degli alunni degli Istituti di Secondo Grado, accorpandoli a loro volta quando i dati sono equiparabili. Le macro aree, comunque, mantengono al loro interno la suddivisione in maschi e femmine.

Dall’analisi delle risposte fornite possiamo ottenere le seguenti informazioni. Per quanto riguarda il primo accesso al web, il 42% sia dei maschi che delle femmine risponde tra i 7 e i 13 anni, confermando quanto già emerso in altre indagini nazionali. Mentre i bambini che accedono ad Internet sotto i 7 anni sono circa il 12%, con un andamento più pronunciato nei maschi rispetto alle femmine: in particolare dai 3 ai 5 anni hanno effettuato il primo accesso lo 0,5% delle femmine e il 4% dei maschi.

Tra gli strumenti maggiormente utilizzati per accedere online al primo posto e con grande stacco si conferma lo Smartphone con circa l’82% delle femmine e circa l’87% dei maschi. Il PC di casa si assesta su una media complessiva del 37% per le femmine e del 43% dei maschi; il Tablet invece registra un utilizzo del 30% per le femmine e del 35% per i maschi. In questo caso, il superamento, del 100% si ha dal fatto che gli intervistati usano più device per accedere online, dimostrandone un uso integrato. 

Per quanto concerne il tempo che i ragazzi passano online la risposta più significativa è “Tra le due e tre ore al giorno”, presente nel 25% dei maschi ed nel 29% delle femmine: degno di nota il 44% rilevato tra le femmine nella seconda superiore.

Rispetto al tempo passato a chattare rileviamo che la risposta numericamente più significativa è “Nel tempo libero”, valida per il 41% dei maschi ed il 46% circa delle femmine, seguita da “Ogni volta che posso”, per il 21% dei maschi e 38% delle femmine. Chattano, infine, “Anche a scuola” circa il 14% dei minori campionati, con netta prevalenza degli studenti delle scuole Secondarie di II grado. A questo proposito sarebbe interessante ‘esplorare’ le cause sottese dell’utilizzo del cellulare sui banchi, in considerazione del fatto che molti Istituti dispongono di una norma che vieta il suo utilizzo in classe.

Altrettanto significativi i dati emersi riguardo alla presenza dei minori sui social network. Rilevante il numero di iscritti a social network, rispetto all’esigua minoranza che non lo sono. Risulta iscritto su più piattaforme social l’87% dei minori delle classi inferiori, contro il 13% che non lo sono; sale, invece, al 97% il numero dei minori delle classi superiori rispetto al 3% dei non iscritti. Presentando un quasi livellamento dei due sessi. Tali dati indicano sia la modalità con cui i ragazzi ‘costruiscono’ le loro relazioni, sia il ‘luogo’ dove si incontrano e il tipo di reciprocità che sviluppano, in sintesi, dove nel quotidiano i ragazzi intessono relazioni di tipo amicale, sentimentale che vanno ad impattare sulla percezione di Sé e del mondo.

Sembrerebbe, difatti, che la funzione ricoperta da queste p
iattaforme sia fortemente rivolta alla comunicazione e alla condivisione con le proprie reti di amici e conoscenze. Secondario, se non anche insistente, nella maggior parte dei casi, l’aspetto di aiuto nello studio e/o la documentazione a scopo informativo/formativo. I tecnoagers sembrano attratti dai social network principalmente perché:

  • sono divertenti, per il 45% del campione analizzato;
  • permettono di conoscere nuove persone, per il 20%;
  • sono un modo per comunicare e per stare con i propri amici, per il restante 35%.

I social network più utilizzati sono, a pressoché parità tra i due sessi: Facebook con il 25%; Instagram per il 27% e Whatsapp per il 32%; seguiti da Ask con meno del 2%; YouTube con il 6% e Snapchat con il restante 8%. Per quanto riguarda YouTube, pur nella sua atipicità come social, si riscontra una sua grande popolarità tra i giovanissimi per i cosiddetti youtubers, ovvero la realizzazione di video auto gestiti contenenti le più disparate performs, che una volta pubblicati possono raggiungere anche un seguito di migliaia di fan.

L’applicazione Snapchat risulta essere più usata con all’aumentare dell’età ed in particolare dalle ragazze, dove se ne riscontra un impiego per il 34% nelle prime superiori e il 36% nelle seconde superiori. Il dato potrebbe essere legato al tipo di applicazione che permette di pubblicare foto, anche se non sempre in forma garantita, per pochi istanti su altri dispositivi. L’impostazione di una sorta di timer garantirebbe l’eliminazione dell’immagine nel tempo stabilito. L’idea sottostante è che la velocità con cui tutto si compie possa garantire di non essere esposti a screenshot e alla conseguente diffusione del materiale inviato. In realtà pochi secondi a volte sono più che sufficienti per ‘catturare’ un’immagine. Verosimilmente dietro questi comportamenti può celarsi una sorta di eccitamento nell’immaginato ‘potere’ che scatti (anche) molto osé potranno essere visti dalla persona designata per il tempo voluto: pensiero che supera se non anche include il rischio dell’esposizione stessa.

Rispetto alla comunicazione con i genitori delle attività online i dati non evidenziano percentuali elevate verso un tipo specifico di risposta. Mediamente la risposta più selezionata è “Sì, qualche volta”. Rispondono così il 35% dei maschi e il 39% delle femmine delle scuole inferiori, mentre per le superiori si registra un 32% per i maschi ed un 56% per le femmine.

Alla domanda “Perché non ci si può iscrivere a molti social network prima di compiere 13 anni?”, la maggioranza dei minori coinvolti rispondono mostrando una conoscenza della norma sottesa: il 53% dei maschi e il 58% delle femmine hanno selezionato la risposta “Perché una legge proibisce l’utilizzo di informazioni professionali a scopo commerciale al di sotto dei 13 anni”. L’opzione “Perché sui social network ci sono contenuti violenti, scioccanti” è stata scelta rispettivamente dal 34% circa delle femmine e dal 35% dei maschi, mentre hanno scelto “Perché i social network sono per adulti”, il restante 7% circa delle femmine ed il 12% dei maschi.

Gli intervistati, inoltre, sembrano conoscere la differenza tra modalità pubblica e privata di un social network, ovvero se esso permetta di interagire soltanto con persone conosciute, oppure anche con sconosciuti. Lo attesta l’82% dei maschi e l’86% delle femmine del campione complessivo. Altresì sembrano essere al corrente dell’esistenza di ‘buone maniere’ da rispettare online, cd ‘netiquette’, il 46% dei maschi e il 54% delle femmine intervistate. Nei fatti, però, sono regole poco applicate e rispettate, come confermato dalle discussioni svoltasi nelle classi con l’esperto O.N.A.P.

Riguardo al concetto di Privacy online, inteso come sfera individuale di riservatezza presente anche nel web, la maggior parte sia dei maschi che delle femmine campionati hanno dimostrando una corretta informazione sul tema. Infatti, l’80% dei maschi e il 90% delle femmine hanno correttamente risposto su cosa si intenda per Privacy. In concreto, dalla discussione nelle classi, è emerso che la privacy, nella realtà, risulta poco o addirittura per niente protetta: i dati personali e/o sensibili vengono spesso impropriamente diffusi nel web (es. numero di cellulare, mail, diffusione foto proprie o altrui etc.).

Sempre in tema di e-safety alla domanda “Sei online e ti arriva un link, che fai?” sia maschi, con il 47%, che femmine, con il 49%, rispondono di attendere prima di aprire il link. Solamente il 2% delle femmine ed il 7% dei maschi dichiara di aprire il link qualsiasi sia la sua provenienza. Evidenziando, nella maggioranza dei casi, un certo livello di conoscenza dei potenziali pericoli connessi all’ipertestualità.

Altrettanto si può dire fra la correlazione tra “fake” e la fattispecie penale di “sostituzione di persona/furto d’identità”. Più del 70% della totalità degli studenti appare essere a conoscenza dei rischi legati alla falsificazione di identità online e/o del fatto che realizzare un fake è lecito, purché non usato illecitamente per attività di cyberbullismo. Questo almeno in teoria.  Nella prassi, dalla discussione in classe, è emerso che per la maggior parte dei ragazzi, fingersi qualcun altro online, sia considerato solo una ‘bravata’ e non un vero e proprio reato sanzionato penalmente ex art. 494 del cp.

Quanto gli adolescenti siano consapevoli di come la Rete ‘non dimentica’ è racchiuso nel quesito: “È impossibile trovare online informazioni personali (cellulare, telefono, indirizzo)?”. “Falso” è la risposta data nel 62% dai maschi, mentre le femmine si assestano su una media del 66%, con punte del 74% in terza inferiore e del 71% in prima superiore. A conferma che la maggior parte dei ragazzi è informato che informazioni sensibili possono permanere sul web, per esempio, a seguito dell’iscrizione a qualche sito o piattaforma di social network. Alla domanda “Ti è mai capitato di vedere online contenuti imbarazzanti che ti riguardano?”, benché la maggioranza, il 61% delle femmine ed il 71% dei maschi, riporti “No, mai”; mentre circa l’11% dei maschi e il 14% delle femmine sostiene che sia capitato ad un amico. Risponde “Sì, qualche volta” quasi il 15% dei maschi ed il 20% delle femmine; per il 3% dei maschi ed il 5% delle femmine invece è “Sì, più volte”.

Ulteriori informazioni sono state rilevate con l’ausilio della domanda “Quali foto ti capita di pubblicare più spesso?”, la risposta più rappresentata è “Le mie foto”, per il 52% per i maschi ed il 62% delle femmine, seguita da “I miei selfie” per il 23% per i maschi ed il 32% delle femmine. In generale, si può affermare che solo una ristretta percentuale di ragazzi diffonde materiale non proprio, nel dettaglio per il 9% circa dei maschi contro il 12% delle femmine. Dato che sembra confermato dalla domanda “Ti è capitato di lasciarti convincere a postare delle tue foto, video o commenti a sfondo sessuale e realizzare che sono state pubblicate in rete?”. Risponde “No mai” rispettivamente l’85% dei maschi ed il 91% delle femmine.

Pubblicare foto e/o video o commenti di altri senza consenso risulta essere prassi frequente per il 23% del campione intervistato. Con un amento del 35% per i ragazzi di prima superiore e del 29% per
quelli di seconda superiore. Ugualmente si può dire per le femmine, anch’esse si attestano, nel complesso, intorno il 23%. Con un picco però del 44% per le ragazze delle prime superiori.

La modalità più comune di realizzazione di bullismo online è indagata dalle domande “Ti è mai capitato di escludere qualcuno da un gruppo web?”, o “Ti è mai capitato di essere escluso da un gruppo web?”, e ancora “Ti è mai capitato di modificare una foto o un video di qualcuno senza il suo consenso?” e infine “Ti è mai capitato di offendere qualcuno e perché?”. Dai dati risulta che il 35% maschi ha escluso qualcuno da un gruppo web, mentre il 29% riferisce di essere stato escluso; per quanto riguarda le femmine si ha il 28% di esclusioni da un gruppo web, contro il 30% che riferisce di essere stata esclusa.

Gli adolescenti di solito replicano sul web le loro dinamiche relazionali loro vita offline, compreso l’uso dell’insulto, ormai assai diffuso anche tra i ‘meno giovani’. Fatto che sembra del tutto passare sottotraccia è che queste ‘abitudini’ costituiscono reato, ovvero: condotta minacciosa, ingiuriosa o diffamatoria. Comportamenti oltremodo autoincriminatori giacché sul web il dato viene ‘cristallizzato’ e potenzialmente utilizzato quale prova dell’avvenuta offesa. Alla domanda “Se hai offeso qualcuno in rete o se tu offendessi sarebbe un problema?”, il 47% dei maschi e il 66% delle femmine dichiara di non aver mai offeso nessuno. Mentre per il 20% dei maschi ed il 46% delle femmine non è un problema perché: “No, non è nulla di serio, è solo uno scherzo”. La risposta “No, perché lo fanno tutti” oscilla tra l’8% dei maschi ed il 12% delle femmine. “No, perché altrimenti sarei la prossima persona ad essere esclusa o offesa”, data dal 14% circa del campione maschile e dal 21% del campione femminile, con un picco del 40% per le ragazze di seconda superiore.

Alla domanda “Se hai offeso, perché lo hai fatto?”, nel 9% dei casi, sia rispetto ai maschi che alle femmine, la risposta è “per vendetta”; seguita da “per rabbia” per il 3% del campione femminile ed il 5% di quello maschile; infine è “per scherzo” rispettivamente per il 5% delle femmine e per il 6% dei maschi.

Rispetto, invece, alla domanda “Ti è mai capitato di modificare una foto o un video di qualcuno senza il suo consenso?” hanno risposto negativamente l’83% dei maschi ed il 91% delle femmine intervistate: se pur con minime percentuali, è significativa la risposta “Sì, una-due volte” data dall’6% del campione femminile e dall’11% di quello maschile.

L’ultima domanda ha indagato la conoscenza degli alunni del termine grooming. Risponde correttamente con “Adescamento online” il 27% sia dei maschi che delle femmine. Mentre per il 30% circa dei maschi e delle femmine “È una modalità di navigazione online”, la percentuale si alza apprezzabilmente al 49% per quanto riguarda le femmine di prima inferiore. Fermo restando che non comprendere il significato del termine grooming di per se non voglia automaticamente dire di non conoscere i pericoli dell’adescamento online, e con esso gli altri rischi connessi al web, rimane il fatto che la ricerca nella sua totalità ha rilevato, non tanto dal test, ma dalla prassi la necessità di un incremento dell’educazione ai Media dei ragazzi.

Conclusioni

L’analisi dei dati hanno evidenziato alcuni elementi rispetto al rapporto dei minori riguardo al mondo del web, aspetti, in vero, anche corroborati da altre ricerche sul tema del bullismo/cyberbullismo.

La casa, in particolare la propria camera da letto, si conferma il luogo preferito per la navigazione online. Lo Smartphone resta il device più diffuso privatizzando sempre più l’esperienza online.

Per quanto concerne la comunicazione e le sue modalità di espressione i social network restano al primo posto, con un significativo e costante aumento per la fascia di età 10-12 anni. È confermato l’uso massivo e diversificato dei socials da parte soprattutto degli adolescenti, spesso presenti anche su più piattaforme, aspetto che se da una parte implementa le loro capacità comunicative online, da l’altra li espone contestualmente a rischi riguardo all’uso improprio dei propri dati personali. Prevale, difatti, soprattutto tra i più piccoli il profilo pubblico: elemento che facilita oltremodo i furti di identità, le diffamazioni, le minacce se non anche gli adescamenti online.

Sul tema di e-safety e tutela della privacy i dati suggeriscono un livello di nozioni base ancora basso, specialmente nella fascia di età 10-14 anni, dato che ci annovera tra i Paesi sotto la media europea rispetto alle competenze digitali. Per esempio, sia dalla discussione in classe che a seguito della compilazione del questionario, è emerso come molti alunni non sapessero come disattivare una geolocalizzazione o bloccare le notifiche push, e, ancora, come impostare il proprio profilo online e/o usare lo Smartphone in modo sicuro. Anche se per lo più, i ragazzi risultano essere consapevoli del disvalore di alcune condotte attive od omissive, nella prassi sembra non mostrino interesse per i nessi legali ad esse collegate. Infatti, è stata registrata un’insufficiente attenzione rispetto al corretto utilizzo dei propri e altrui dati sensibili o alle fattispecie di reato connesse all’invio di sms o chat contenenti frasi ingiuriose, diffamatorie se non anche vere e proprie minacce. Quest’ultime collegate alle liti o battaglie di insulti online (cd flaming).

Di conseguenza come, già accennato sopra, lo strumento di contrasto più efficace contro le condotte illecite o a rischio resta una adeguata educazione che comprenda la consapevolezza dei limiti oltre ai quali non è lecito spingersi. Necessaria perciò l’istruzione che la Scuola può e deve fornire sul tema dei Media. Ma ad essa si deve necessariamente affiancare la Famiglia: un allineamento morale e civile del mondo degli adulti volto a stabilire e far rispettare ‘sane’ regole di condotta che i ragazzi devono obbligatoriamente rispettare nel loro rapporto con gli altri, Rete compresa.

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[2] Doxakids e Telefono Azzurro, Il tempo del web. Adolescenti e genitori online, Febbraio 2016.

[3] Bandura, Barbaranelli, Caprara & Pastorelli, 1996.