Entomologia forense: origini ed evoluzione
«Tre mosche consumano il corpo di un cavallo con la velocità di un leone» (Linneo)
Si potrebbe pensare, erroneamente, che l’entomologia forense sia solo applicabile e utilizzabile nelle indagini in cui si abbia a che fare con corpi morti. Nella realtà, invece, può essere utilizzata anche su persone vive, come ad esempio in casi di negligenza o in casi di abuso. Il procedimento di analisi successivo è uguale: tutto quello che si deve fare, in entrambi le situazioni, è prestare attenzione a quei piccoli “esserini” che possono fornire utili indizi.
L’entomologia è quella disciplina, parte della zoologia, che si occupa dello studio degli Esapodi, ossia, con termine di uso comune, degli insetti. Fino ad oggi sono stati descritti e osservati circa un milione e mezzo di insetti, ma è parere diffuso fra gli entomologi che ce ne siano ancora svariati milioni sconosciuti e non ancora osservati. Questi organismi sono pressoché presenti in ogni ambiente, da quello terrestre (sia in superficie che sotto terra) a quello acquatico, e spesso si relazionano strettamente con l’uomo e con le sue attività.
L’entomologia forense è la scienza che applica le conoscenze sugli insetti alle indagini di polizia, ai processi penali o alle controversie civili. Per lo più essa viene utilizzata nei casi di morte in cui si sospetti un omicidio, ma più in generale l’entomologia forense tratta ogni problema in cui gli artropodi (ed in particolare gli insetti) possano essere coinvolti con le materie legali. Per questo motivo Lord e Stevenson (1986) l’hanno suddivisa in tre aree di interesse principali:
- l’entomologia urbana (urban entomology): procedimenti legali che coinvolgono insetti ed animali che interagiscono con i manufatti dell’uomo e con l’ambiente umano;
- l’entomologia dei prodotti immagazzinati (stored products entomology): procedimenti giudiziari che coinvolgono insetti che infestano beni conservati e/o loro involucri, con particolare riguardo ai prodotti alimentari;
- l’entomologia medico–legale (forensic entomology or medicocriminal entomology): coinvolgimento degli insetti in eventi di interesse tipicamente medico–legale quali omicidi, suicidi, morti improvvise, ma anche in altri reati perseguibili penalmente come l’abuso fisico e il contrabbando (Catts e Goff, 1992).
La conoscenza e lo studio degli insetti, contrariamente a quanto si potrebbe ritenere, non è per nulla recente. Un sigillo mesopotamico di 5000 anni fa costituisce una delle prime rappresentazioni in cui il mondo degli insetti interseca quello dell’uomo: su tale sigillo sarebbe riconoscibile una carcassa di gazzella, sul cui corpo è visibile una mosca (Greenberg e Kunich, 2002). Inoltre la conoscenza di alcune specie di mosche è testimoniata in documenti risalenti a 3600 anni fa, basati su testi sumerici ancora più antichi. Questi scritti cuneiformi si trovano impressi su tavolette di creta, sulla quattordicesima delle quali è possibile leggere un elenco di animali selvatici terrestri (si tratta di circa quattrocento animali, fra cui dieci mosche, alcune di colore verde – forse Phenicia sericata o Chrysomya albiceps, altre di colore blu, forse del genere Calliphora). La relazione tra insetti e cadaveri era già nota agli antichi egizi, che conoscevano il ciclo vitale dei ditteri (cioè delle mosche), compresa la metamorfosi nei diversi stadi vitali. Nel papiro Gizeh n° 18026, trovato nella bocca di una mummia, si poteva leggere “le larve non diventeranno mosche dentro di te”. La relazione fra ditteri e cadaveri era ben nota anche in Asia Minore dove gli ebrei denominavano il principe dei demoni Ba’l zebub, cioè “signore delle mosche” (Greenberg, 1991; Introna e Campobasso, 1998; Greenberg e Kunich, 2002).
Uno dei primi resoconti sull’uso di insetti per identificare il colpevole di un crimine è contenuto in un libro cinese del XIII secolo, intitolato “Lavare via gli errori”, che rappresenta forse il primo manuale di investigazione in un caso di omicidio. Si racconta di un lavoratore che morì nel campo di riso, ucciso dai colpi di una falce. Il locale “agente di polizia”, Sung Tz’u, si recò dove l’uomo era stato ucciso e radunò tutti i lavoratori di quella zona. Domandò loro di deporre e di allineare le falci per terra e, dato che il clima era caldo, non passò molto tempo che le mosche iniziarono a raccogliersi su una falce, una in particolare. Alla vista di questa evidenza, il padrone della falce dovette confessare il crimine commesso (Greenberg e Kunich, 2002).
In un esperimento famoso, condotto con metodo scientifico, Francesco Redi (1668) studiò la carne in via di decomposizione in due diverse situazioni, una esposta all’aria e quindi alle mosche, l’altra chiusa in recipienti. Attraverso questo studio poté smentire definitivamente la teoria della generazione spontanea, secondo cui le larve sarebbero state prodotte dalla putridina, enunciata da Aristotele e sostenuta fino ad allora dalla Scuola aristotelica
La prima documentazione di applicazione dell’entomologia forense in occidente risale al 1855, quando Bergeret risolse un caso di infanticidio, utilizzando gli insetti come indicatori del periodo di morte. Il corpo di un bambino era stato trovato murato nel camino di una casa; Bergeret determinò che i resti di insetti associati al cadavere (Sarcophaga carnaria e acari) indicava uno stato di decadimento che risaliva a parecchi anni prima, per cui la responsabilità dell’infanticidio fu attribuita ai precedenti occupanti della casa, non a quelli presenti in quel momento (Bergeret, 1855).
Si verificarono negli anni successivi casi simili a quello sopra citato, con l’operato di Lazzaretti a Padova e di Brouardel in Francia. Lazzaretti (1879, citato in Porta, 1929) segnalò un caso analogo a quello di Bergeret: si trattava di un piccolo cadavere mummificato rinvenuto in una soffitta, il cui stato di decomposizione era tale da non consentire una precisa valutazione del tempo di morte. Lazzaretti tuttavia determinò con buona approssimazione l’epoca della morte studiando i pupari (bozzoli da cui esce la mosca adulta) e le larve degli insetti che avevano colonizzato i resti.