Quella instancabile forza che ci fa andare avanti
Sono passati già due anni dal primo numero del nostro Giornale, e molte cose sono accadute.
Quando mi è stato proposto di diventare il Direttore Scientifico di questa Rivista, mi sono chiesta in quale modo avrei potuto affiancarmi al prezioso lavoro già fatto in questi anni e continuare a tenere aperta quella finestra attraverso cui osservare, riflettere e interagire con quello che immediatamente balza agli occhi e alle coscienze, ma anche con quella parte non immediatamente visibile che fa parte del nostro esistere e delle trasformazioni a cui la vita ci sottopone con costante dura prova.
L’atmosfera del nostro tempo, come dice Galimberti (2009) sembra dare l’impressione che nessuno abbia una storia da scrivere né passata né futura, ma solo energia da liberare in una sorta di spontaneità selvaggia, dove non circola alcun senso, ma tutto si esaurisce nella fascinazione dello spettacolare.
Gli ultimi avvenimenti di cui siamo stati testimoni e vittime, ci obbligano costantemente ad una riflessione sull’attuale passaggio storico che stiamo vivendo, segnato dalle difficoltà, spesso dalla sofferenza, ma ancora più dalla confusione e dalla paura di un futuro incerto.
Armati di illustri spiegazioni, trincerati dietro strutturate razionalizzazioni, confortati dalle illuminanti nuove teorie “fai da te”, aggrappati alle idee dei nuovi moderni filosofi che dispensano consigli pratici per la sopravvivenza, come funamboli, alle prese con un precario equilibrio, cerchiamo di barcamenarci tra quella sottile e invasiva inquietudine e quella vulnerabilità emotiva che ci rende sempre più soli e disorientati.
Rifugiati nell’ombra di un tempo difficile, quasi rasseganti al silenzio, nascosti dalle insidie che la vicinanza dell’altro possa rappresentare, la relazione ai tempi della post-modernità “liquida” racconta la paura del legame e il pericolo che essa possa in qualche modo accrescere quella fragilità e scoprire quelle debolezze tanto ben celate.
Si fanno largo allora numerose offerte di ideali e modelli, visioni del mondo e fedi da consumare in fretta, a portata di mano, in grado di dare la “risposta desiderata” alle inquiete domande di chi privato di certezze si affida, suo malgrado, al migliore interprete di “pifferaio magico” le cui note seducono e incantano.
E, sorretti dalla cultura dell’easy e del free, in perenne lotta con la crisi economica che invade e angoscia, appare ancora più irreversibile quel senso estremo di inquietudine che offusca la lucidità e l’azione.
Sembra dunque che stare con gli altri, al tempo dell’insicurezza si connoti di colori spenti, come quelli del disimpegno e della chiusura, della mancanza di rispetto verso l’altro, della strenua difesa del proprio piccolo spazio conquistato a fatica.
Eppure nella affannosa ricerca di sicurezza e stabilità, emerge, seppure ancora con timidezza, forte il tentativo di scuotere quella passività, quell’inerzia e quello stato di cose che tanto si avvicina alla rassegnazione.
Abbiamo avuto prova della solidarietà e dell’impegno a favore delle vittime del terremoto in Emilia, dove in centinaia si sono impegnati per sostenere le persone rimaste senza la propria casa, non solo raccogliendo fondi, ma recandosi di persona per donare un po’ di quella vicinanza che la paura quasi sempre annienta.
Abbiamo avuto una lezione di coraggio: la rabbia che ha spinto migliaia di giovani, uniti al grido di “Io non ho paura”, a percorrere le strade di città e paesi, uniti più che mai in un unico obiettivo comune, per far sentire la propria voce e il coraggio di voler cambiare le cose, affrontando quello sbigottimento e quell’angoscia che gli eventi accaduti a Brindisi hanno lasciato nel cuore e nella mente di tutti.
Potrei citare ancora tanti eventi che, seppur segni di sofferenza e disastro, hanno generato forza, energia e dato vita a movimenti e gruppi di persone, giovani e meno giovani, che con impegno e positività ogni giorno non smettono di utilizzare quel coraggio e quella passione di cui le nuove generazioni hanno un disperato bisogno.
Tuttavia, emerge oggi una criticità di fondo, che sembra a prima vista molto sbilanciata verso il disorientamento, trascinata da codici sociali che non funzionano più come dovrebbero, e che si avvia forse all’epilogo di un modello in cui il leit motive è l’eccessivo dilagare dell’utilitarismo e dell’interesse personale.
Mi piace pensare, allora, che quelle migliaia di voci che qualche settimana fa urlavano “non ho paura”, siano una prima goccia di colore che darà vita a nuove brillanti tinte e ancora a tante sfumature fatte di esperienze, relazioni e nuove consapevolezze.
Onestà intellettuale ed autenticità, dunque, continueranno ad essere quel filo di Arianna che fino ad oggi ha sostenuto, nello studio, nell’attenzione alle persone come individui unici e preziosi, l’impegno dell’O.N.A.P. per le vittime di ogni forma di disagio, devianza, violenza e di ogni espressione e manifestazione di abuso.
Scegliamo la conoscenza recitava il primo Editoriale di questo Giornale.
Oggi rinnoviamo quella promessa con l’impegno di lavorare per accrescere la consapevolezza sui fenomeni che affronteremo nel segno dell’autenticità.
Per quello che siamo, per quell’attenzione alle persone e alle innumerevoli forme che hanno di manifestarsi.